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Produzione da FER: i Comuni si oppongono, il TAR detta le regole Stampa E-mail

Produzione da FER: i comuni si oppongono,
il TAR detta le regole

di Giovanni Battista Conte / avvocato in Roma


IL COMUNE NEL QUALE DEVE NASCERE L’IMPIANTO DI PRODUZIONE DI BIOMETANO SI OPPONE, IMPUGNANDO I PROVVEDIMENTI DI AUTORIZZAZIONE. IL TAR RIGETTA IL RICORSO – 15 DIFFERENTI MOTIVI: TUTTI RESPINTI DAL GIUDICE AMMINISTRATIVO – CON UNA SENTENZA CHE PUÒ ESSERE DI AIUTO A TUTTI I PRODUTTORI

Anche per il biometano, come per ogni altro impianto di produzione di energia da fonte rinnovabile e di riutilizzo di materie organiche, gli oppositori si moltiplicano. Nel caso di cui si tratta, il Comune in cui deve nascere l’impianto e i Comuni limitrofi si sono opposti impugnando i provvedimenti di autorizzazione, ma il TAR Abruzzo ha rigettato il ricorso con una sentenza (328/2021) che analizza un’ampia serie di questioni che possono essere di aiuto a tutti i produttori che abbiano impianti in autorizzazione. Il ricorso ha ben 15 differenti motivi: tutti respinti dal giudice amministrativo.

Il primo dei principi affermati dal TAR è che a tenore dell’articolo 4 della Direttiva 2014/52/UE, la determinazione riguardante la sottoposizione di un progetto a VIA da parte dello Stato Membro, può essere compiuta:
  1. caso per caso;
  2. attraverso il ricorso ai valori soglia, che tengono in considerazione le caratteristiche, la localizzazione e le dimensioni del progetto;
  3. attraverso la combinazione dei due metodi.

Pertanto, la normativa italiana non contrasta con la Direttiva in materia di VIA ed è legittimo che l’impianto di produzione di biometano non vada sottoposto a valutazione d’impatto ambientale. Né si può sostenere che l’impianto rientri fra quelli di trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di prodotti chimici. Il D.M. 5046/2016 (del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali) esclude che il processo di digestione anaerobica dei sottoprodotti agricoli per la produzione del biogas, da cui deriva il digestato, sia assimilato ai processi di fabbricazione di prodotti chimici.

L’articolo 22 del detto D.M. chiarisce che i processi di fabbricazione di prodotti chimici non possono ragionevolmente essere confusi con il processo di digestione anaerobica dei sottoprodotti agricoli per la produzione del biogas, da cui deriva il digestato. Il Tribunale amministrativo chiarisce anche che la produzione di CO2 connaturata alla produzione di biometano, non la fa assimilare alla produzione di prodotti chimici e le previsioni di cui all’articolo 184 bis del d.lgs. 152/2006 sono soddisfatte dalla gestione della CO2. Sempre il TAR, poi, riconosce negli approfondimenti fatti in sede autorizzativa un’applicazione del principio di precauzione, in quanto il Servizio competente ha comunque provveduto alla verifica di determinati fattori al fine di evitare o prevenire eventuali impatti ambientali significativi e negativi.

La sentenza stabilisce, inoltre, che la produzione di metano da sottoprodotti dell’agricoltura non è sottoposta all’autorizzazione integrata ambientale (AIA). L’impianto in questione ha ad oggetto la produzione di fonti elettriche rinnovabili tramite il vettore energetico biometano e, in quanto tale, non è assimilabile a un’industria chimica. Diversamente, per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti di produzione di biometano “deve essere seguita la procedura di PAS, se con capacità produttiva non superiore a 500 Sm3/h di biometano, o autorizzazione unica nei casi diversi dal precedente”, come espressamente previsto dall’articolo 8 bis del d.lgs. 28/2011.

Si afferma, poi, che quando l’impianto si trovi al di fuori delle aree della rete Natura 2000,la valutazione di incidenza non deve essere svolta quando la probabilità o il rischio del pregiudizio non è supportata da contestazioni specifiche che vadano al di là di una semplice considerazione circa la vicinanza dell’impianto al sito protetto. Si ricorda che il punto 4.1 dell’Allegato al D.M. 52/2015 esclude l’applicabilità del criterio del cumulo con altri progetti per il caso di specie in quanto nella fascia di 1 km non sono presenti nuove realizzazioni appartenenti alla stessa categoria progettuale. Pertanto, ove non sia sottoposto a VIA e non vi siano presenti altri impianti simili nel giro di un chilometro, il progetto non deve tener conto degli effetti cumulativi.

L’impianto in argomento può essere realizzato in zona classificata agricola in quanto l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto di energia elettrica alimentato da fonti rinnovabili (al quale un impianto di produzione di biometano è equiparato), in una zona in cui per i divieti contenuti negli strumenti urbanistici tale opera non sarebbe realizzabile, determina la variazione della destinazione urbanistica della zona e rende conforme alle disposizioni urbanistiche la localizzazione dell’impianto senza la necessità di alcun ulteriore provvedimento di assenso all’attività privata (Cons. Stato, V, 15 gennaio 2020, n. 377; V, 13 marzo 2014, n. 1180). Inoltre, l’allocazione di tali impianti in zona agricola – in quanto funzionalmente connessi alla trasformazione dei prodotti derivanti dalla produzione agricola – deve ritenersi compatibile con le linee guida dettate con il D.M. 10 settembre 2010 poiché l’articolo 12 d.lgs. 387/2003 prevede che gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili possano essere ubicati in zone classificate agricole dai piani urbanistici.

Il TAR ha, infine, chiarito che dalla trasformazione del rifiuto di origine esclusivamente agricola si ottiene un sottoprodotto che è utilizzato per produrre il biometano e, una volta sfruttato, si trasformerà in digestato che può essere utilizzato in agricoltura. L’articolo 24 del D.M. 5046/2016 descrive i criteri per la qualificazione del digestato come sottoprodotto. In questo caso, il giudice amministrativo ha valutato in modo molto rigoroso le argomentazioni esposte dal produttore e fatte proprie dall’Amministrazione procedente. Si spera che in altri casi in cui l’autorizzazione sia stata ingiustamente negata, il giudice vorrà comunque aderire allo stesso orientamento imponendo alle amministrazioni di tornare sui propri passi e di rilasciare il provvedimento autorizzativo.



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