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Transizione ecologica e diritto energetico: non sbagliamo traiettoria Stampa E-mail

Transizione ecologica e diritto energetico:
non sbagliamo traiettoria

di Roberto Napoli / Professore emerito Politecnico di Torino


È INCORAGGIANTE CHE IL MINISTRO CINGOLANI ABBIA OSATO PARLARE DI NUCLEARE. NON TANTO PERCHÉ SI POSSA INVERTIRE LA ROTTA ITALIANA, QUANTO COME DIMOSTRAZIONE DI CORAGGIO E DI VISIONE NEL DIRE COSE SENSATE ANCHE QUANDO SI SOLLEVANO PUTIFERI

Perché l’unica alternativa sia risorgere, bisogna toccare il fondo. Forse questo Paese non l’ha ancora toccato e forse non lo toccherà mai. Perché quando sembra che le cose si mettano proprio male, il tradizionale stellone italico ci spinge all’ultimo momento verso la strada della risalita. Da molto tempo non si respirava la sensazione di potere rinascere, accompagnata però dalla paura di un’illusione pronta a evaporare.

La rinascita passa per la transizione energetica. Su questa benedetta transizione allignano minacciosi furori ideologici e speranze inconsistenti. Per una reale transizione è assolutamente essenziale mettere da parte inganni e falsi miti, per ancorarsi saldamente al buon senso e al sano pragmatismo. Conviene anzitutto avere ben chiaro che la transizione energetica non si esaurirà in pochi anni e comporterà sacrifici economici e cambiamenti nello stile di vita. Il percorso da compiere è lungo e faticoso. Coinvolgerà pesantemente i cittadini. Bisogna quindi fissare una visione largamente condivisa e resa impermeabile alle periodiche contorsioni della politica italiana.

Il punto di partenza non può che essere il riconoscimento dei diritti energetici dei cittadini di questo secolo, al di là delle opportunità tecnologiche e delle convenienze economiche. A ciascuno va riconosciuto preliminarmente il diritto di disporre dell’energia, di produrla, usarla e venderla liberamente, ovviamente rispettando i vincoli imposti da ragioni tecniche e di compatibilità sociali. In un certo senso questo nuovo diritto energetico va trattato come un diritto primario da promuovere magari a rango costituzionale, per fissarlo indelebilmente sottraendolo alle cupidigie politiche, partitiche e lobbistiche.
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