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Come e per cosa? Riflessioni sull’istruzione universitaria Stampa E-mail

Come e per cosa? Riflessioni
sull’istruzione universitaria

di ROBERTO NAPOLI / professore emerito Politecnico di Torino


Dopo gli accadimenti recenti nella gestione dell’emergenza sanitaria, è veramente difficile sottrarsi alla sensazione di sfascio; sensazione che a tratti deborda nel ridicolo.


Allo sfacelo generalizzato si aggiunge una cacofonia di voci sullo stato del Paese, con esperti e presunti tali che discettano a tempo pieno o sul nulla o sulle colpe degli altri. Stranamente c’è un settore da cui arrivano poche voci, nonostante la sua centralità nello sviluppo del Paese: è quello dell’università e della ricerca. Eppure, viviamo un momento in cui si stanno gettando le basi per un cambiamento profondo, soprattutto per l’istruzione universitaria.

Lasciamo perdere i cambiamenti
miserelli all’italiana, come ad esempio lo sdoppiamento del precedente Ministero accorpato in due separati: Ministero dell’Istruzione da un lato (ministra Lucia Azzolina, estrazione grillina) e Ministero dell’Università e della Ricerca (ministro Gaetano Manfredi, estrazione PD). Vige la regola generale che due poltrone siano meglio di una. È la stessa logica per la quale, ad esempio, in una Alitalia sempre pronta a sfracellarsi sul terreno uno dei primi provvedimenti è consistito nel portare da 7 a 9 il numero dei consiglieri di amministrazione: desolante, ma umanamente comprensibile.

Le gesta della ministra Azzolina hanno riempito le cronache per moltissimi giorni. Più silente è stato invece il ministro Manfredi il quale, però, pur rimanendo lontano dai riflettori mediatici, qualcosa ha pur tuttavia fatto.
Ad esempio, è riuscito a portare a casa un bottino di 200 + 200 milioni di euro, gestibili abbastanza liberamente dagli Atenei, nonostante che una
tranche sia
- in linea di principio - destinata all’assunzione di giovani ricercatori (ma con possibilità di essere dirottata verso altri lidi).

Sono anche in ripartenza i PRIN (Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale), con uno stanziamento triennale complessivo di 700 milioni di euro, di cui 179 milioni per il 2020. Certo, fa sempre un po’ sorridere che a fine 2020 si approvino stanziamenti per progetti di ricerca che devono essere presentati entro gennaio 2021; la programmazione non è proprio una caratteristica italiana... Stendiamo anche un velo sull’assenza di qualunque progetto innovativo per risistemare il settore, profittando della ventilata disponibilità di fondi europei. Difficilmente il ministro Manfredi potrà resistere ai soliti rimaneggiamenti di parametri e procedure concorsuali, che ormai fanno parte di ogni liturgia dei cambi ministeriali.
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