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Il report di sostenibilità in 7 punti (sei interrogativi e un esclamativo) Stampa E-mail

Il report di sostenibilità
in 7 punti (sei interrogativi e un esclamativo)

di ALESSIA SABBATINO / co-founder Ventitrenta SB


I report o bilanci di sostenibilità sono diventati nel tempo uno strumento strategico per organizzazioni e imprese che decidono di investire nella comunicazione del proprio impegno sociale e ambientale, pur mantenendo alta l’attenzione verso il valore aggiunto economico generato dal business.


È sempre maggiore quindi il numero delle aziende che investe nella produzione di documenti di rendicontazione di sostenibilità, aprendo metaforicamente le proprie porte alla lettura del proprio impegno e facendone un carattere distintivo con valore positivo sul posizionamento strategico del
brand, sull’affidabilità in ottica di investimento e sulla motivazione a scegliere i propri prodotti e servizi.
È un documento che affianca (e non sostituisce) il bilancio di esercizio. Vi sono rappresentati gli aspetti valoriali aziendali, le strategie e la loro attuazione e soprattutto l’andamento storico di obiettivi e di risultati connessi a un esercizio sostenibile dell’impresa. In altre parole, viene rappresentata la dimensione del valore economico e distribuito dell’organizzazione, nonché quella di impatto sociale (gestione del personale, salute e sicurezza sul lavoro, iniziative verso la comunità, salvaguardia dei diritti, …) e quella di impatto ambientale (quanto pesa l’attività dell’organizzazione in termini di sfruttamento di risorse, materiali, energia, produzione di rifiuti,…).

Il report, quindi, è uno dei documenti di comunicazione istituzionale più forti e ricercati perché è la risposta alle richieste di trasparenza espresse dall’opinione pubblica, dal mercato, dalla Borsa, dagli istituti finanziari e dagli attori istituzionali. Tale documento va indubbiamente considerato un veicolo di disclosure su politiche, strategie e performance aziendali su cui clienti e investitori stanno portando sempre più la propria attenzione e parametrando i propri
rating di qualifica.
Non va dimenticato, poi, che l’analisi dei report di sostenibilità è ormai un elemento fondamentale anche per valutazioni di
benchmark rispetto alla concorrenza e per l’individuazione del proprio posizionamento di mercato.

Il report può essere prodotto da imprese di ogni dimensione, anche se attualmente l’impegno è stato preso maggiormente da quelle medio-grandi, operanti in qualsiasi settore di business, profit e no-profit, pubblico e privato. Anche se, nella maggioranza dei casi, la pubblicazione di un report di sostenibilità è il risultato di una scelta volontaria, è stato recentemente introdotto un obbligo di rendicontazione di informazioni non-finanziarie (D. Lgs.254/2016) in capo a enti di interesse pubblico aventi in media più di 500 dipendenti e il cui bilancio consolidato soddisfi determinati criteri: totale dell’attivo dello stato patrimoniale superiore a 20 milioni di euro oppure totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiore a 40 milioni di euro.

Il messaggio che ne deriva è molto forte: affiancare i temi della sostenibilità alla trasparenza sulle prestazioni economiche e finanziarie diventa imprescindibile. Anche per alcune tipologie di organizzazioni del Terzo settore è stato recentemente introdotto un obbligo in termini di produzione di un bilancio sociale, con l’obiettivo di rendicontare le attività e i traguardi raggiunti in campo sociale e ambientale (con
Riforma del Terzo settore si indica il complesso di norme che ha ri-disciplinato il no-profit e l’impresa sociale. Ad oggi, l’intervento legislativo non è stato ancora completato, in quanto non sono stati emanati tutti gli atti previsti dai decreti legislativi di attuazione della legge delega 106/2016). Non si esclude che, a breve, il perimetro delle aziende obbligate a tali rendicontazioni sia ampliato. [...]

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