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L’energia del nemico pubblico numero uno Stampa E-mail

L’energia del nemico pubblico numero uno

di LUCIANO MARIA GANDINI Visita il profilo LinkedIn


La pandemia ci ha costretto a essere a stretto contatto con i nostri bambini, come mai nessuno avrebbe immaginato.

In una settimana media, prima dell’emergenza il tempo che dedicavo a mio figlio era di un paio d’ore al giorno, nemmeno tutti i giorni, oltre a tutti i weekend e ai giorni festivi, al netto di impegni vari, dalle feste di compleanno alla piscina e così via. Durante la pandemia il tempo trascorso insieme al piccolo cinquenne è in buona sostanza triplicato rispetto alla normalità, in questa cattività in cui ci siamo tutti ritrovati.

Il virus, in evidente crisi di solitudine, ha voluto poi essere accompagnato da tanti altri nemici pubblici, quasi a piede libero…
Prima è stata la volta dei
runner, colpevoli di dispensarci droplets a non finire durante le loro corse; poi gli anziani, sempre in giro e sempre in coda ai supermercati per comprare mezz’etto di prosciutto cotto, proprio loro che dovrebbero stare più attenti; poi i cani, vittime dei loro padroni e sempre in giro a fare quello che dovevano fare anche con fin troppi straordinari; e poi sono venuti i bambini, a cui per ventiquattr’ore, giusto il tempo di emanare un decreto e diffonderne una sua successiva interpretazione, sembrava consentita un’ora d’aria al giorno, sostituita immediatamente da un tornado di polemiche.

In queste lunghe settimane tentare di esaurire l’energia di questo “nuovo inconsapevole nemico pubblico portatore sanissimo di virus” dentro le mura di una casa senza manco un balcone è stata una vera avventura, abituati come eravamo a recuperarlo dall’asilo, dalla piscina, dalla festa o dal parco giochi già cotto a puntino.

Eppure il bambino ci ha dato una bella lezione di resilienza, termine che se
non usi almeno una volta in un qualsiasi articolo ormai diventi subito
out, soprattutto a Genova. La sua necessità non era tanto di uscire, bombardato com’era da convincenti messaggi di dover stare a casa, ma semmai quella di vedere gli amici. Non ho mai capito se come genitori avessimo avuto mai un qualche merito per la sua bella socievolezza e per questa voglia di stare sempre a contatto con gli altri. Di certo, se merito fosse, ora sembrava più una colpa e anche piuttosto grave.[...]

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