La fine del costo variabile dell’energia |
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La fine del costo variabile dell’energia
di MICHELE GOVERNATORI / presidente EER
Nel settore della telefonia e di internet, fino a un po’ di anni fa eravamo abituati a pagare a consumo i servizi (voce e internet).
È in parte curioso, visto che si tratta di un’industria in cui i costi variabili non sono mai stati importanti: la capacità di trasferire dati e voce dipende dall’infrastruttura e non dal fatto di metterci più o meno carburante.
Oggi ci sembra normale che la connettività sia venduta su abbonamento e che se mai il discrimine tra un prezzo e l’altro sia la qualità (velocità) del servizio o il fatto che includa o meno contenuti.
Nell’energia elettrica invece la commodity c’era, e c’è ancora, e l’esposizione alla commodity è il mondo in cui le aziende che oggi vendono elettricità sono cresciute, tanto da farsi le ossa con le competenze di quel mondo: le più avanzate aziende elettriche sono diventate forti nel risk management rispetto alle fluttuazioni di prezzi volatili dei sottostanti necessari alla loro attività.
Ma se andiamo verso una completa o quasi completa decarbonizzazione dell’elettricità, e dobbiamo augurarci - per motivi che esulano dal tema di questo articolo - che questa sfida sia vinta con una leadership dell’Europa, resterà poco o nulla dell’importanza dei fuel nel prezzo dell’elettricità, con l’eccezione verosimilmente temporanea del gas naturale.
E se il peso della commodity si riduce, è anche verosimile che i suoi indicatori di prezzo diventino più volatili e meno controllabili.
Per esempio: cosa farà il prezzo del petrolio quando saremo vicini ad abbandonarlo? Verosimilmente sarà stabilito da meno operatori della domanda e dell’offerta, con meno spare capacity a calmierarlo.
Sarà prima la domanda ad abbandonare l’oil o sarà l’offerta?
Dobbiamo aspettarci che il prezzo degli ultimi barili schizzi verso il basso o verso l’alto? [...]
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