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Riorientare il progresso non vuol dire fermarlo Stampa E-mail

Riorientare il progresso
non vuol dire fermarlo

di AGOSTINO RE REBAUDENGO


Lo sciopero globale che il 15 marzo scorso ha unito oltre un milione di giovani nel richiedere un’azione più decisa contro il cambiamento climatico rispecchia una più ampia presa di coscienza, da parte dell’opinione pubblica, della gravità dei problemi climatici e ambientali.

I cittadini italiani ed europei sono consapevoli che quanto fatto finora è insufficiente. In un’indagine speciale condotta da Eurobarometro a novembre 2018 oltre il 90 per cento degli intervistati ritiene che dovrebbero essere adottate maggiori misure per promuovere il riciclaggio, l’efficienza energetica e lo sviluppo di un’economia moderna e sostenibile. Tutto ciò avrebbe un notevole impatto positivo, non solo sull’ambiente ma anche sull’economia.

Tuttavia, anche nel campo degli ambientalisti, c’è ancora qualcuno che ritiene che la lotta al cambiamento climatico e all’inquinamento porterà stagnazione (o addirittura recessione) economica, riduzione netta dei posti di lavoro e regressione tecnologica. Niente di più sbagliato.
Al contrario, è molto più probabile che ciò accada a chi farà poco o niente per invertire la rotta.

Il passaggio a un sistema economico a basso o nullo impatto climatico-ambientale, se ben governato, offre infatti opportunità uniche di sviluppo economico, crescita dell’occupazione e progresso tecnologico a chi ha la visione per coglierle. E i dati lo confermano.

Limitandosi al caso italiano, secondo i dati elaborati dal Sistema Informativo Excelsior e contenuti nel focus Censis-Confcooperative
Smart&Green: l’economia che genera futuro, dal 2019 al 2023 circa un quinto dei nuovi posti di lavoro sarà creato dal settore legato alla sostenibilità energetica e ambientale.[...]

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