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La democrazia dell’incompetenza e la dittatura dell’algoritmo Stampa E-mail

La democrazia dell’incompetenza
e la dittatura dell’algoritmo

di ROBERTO NAPOLI / professore emerito Politecnico di Torino


Diceva l’antico Eraclito (500 a.C.): panta rei, tutto scorre, intendendo che la realtà è un cambiamento continuo inarrestabile, in cui si alternano speranze e delusioni

Anche quando le cose vanno male è inutile disperarsi perché, prima o poi, qualcosa cambierà. Oggi come oggi bisogna ancorarsi a questa antica pillola di saggezza per cercare di sopravvivere alla realtà senza lasciarsi andare allo sconforto. A complicare le cose, accanto alla realtà fattuale esiste oggi una realtà virtuale sempre più pervasiva, fatta di parole in libertà e notizie fasulle. Per ambedue le realtà il cambiamento è una parola d’ordine, una sorta di affermazione di esistere e di contare.

Spira un’aria perversa nel Paese, immerso in una sorta di celebrazione del dilettantismo e dell’incompetenza, seppur ammantati del furore ideologico di nobili principi, dietro i quali traspare qualche cedimento all’invidia sociale e alla conseguente titillazione di odi rancorosi. Il cambiamento è senza dubbio necessario. Ma cambiare verso dove? Come e perché? Non c’è cosa peggiore dei cambiamenti
scombiccherati senza fine e senza fini.

All’esigenza di cambiamento non si sottraggono certo i mondi della ricerca e dell’istruzione, che sono, anzi, i terreni di cultura intrinsecamente più sensibili e idonei al cambiamento. Da anni l’Università è oggetto di cambiamenti continui più o meno significativi. Ogni ministro che arriva non resiste alla tentazione di lasciare un segno, anche se minimale o sterile. Vengono alla mente quei turisti birbaccioni che sfregiano i monumenti incidendo qualche sgorbio a testimonianza del loro passaggio.

Da una decina d’anni il mondo accademico è stato pervaso dal vento vivificatore della valutazione dei risultati. Sono stati introdotti regole e indici sempre più condizionanti, sino a instaurare quella che i nuovi decisori politici definiscono la monumentale
dittatura dell’algoritmo. Per anni sono stati innalzati peana alla mitica ANVUR (Agenzia Nazionale per la Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca), che ha sfornato a getto continuo indici e algoritmi per la valutazione dei prodotti della ricerca e dell’istruzione.

C’è stato un aggiustamento senza soste di norme e formulette, con il lodevole intento di valutare quantitativamente la bontà della produzione scientifica e l’efficienza dell’impalcatura organizzativa. Le carriere dei docenti sono state fortemente condizionate da indici e algoritmi.
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