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di ROBERTO NAPOLI / professore emerito Politecnico di Torino
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Appunti di viaggio elettro-energetico a Cuba. Una realtà che attraversa crisi di drammatica intensità, dove tutto o quasi è proprietà dello Stato. E dove, nonostante tutto, i cubani mostrano una pazienza, una disponibilità e un’allegria quasi incomprensibili.


Foto: Marco Borgarello












Progettavo da tempo una visita a Cuba, oggi meta di tanti turisti per la sua esotica bellezza caraibica. Molti non vogliono perdere l’opportunità di entrare in contatto con una realtà quasi imbalsamata nel passato, prima che prevedibili cambiamenti... cambino la situazione.
Ho colto quindi con piacere l’opportunità di visitare il Politecnico cubano della capitale (alias Universidad Tecnologica de La Habana José Antonio Echeverria), per conoscersi e scambiare informazioni. Dal punto di vista elettrico la realtà tecnologica del Paese è passata e sta passando attraverso crisi di drammatica intensità. Memorabile è stata quella del 2005, con 250 giorni di blackout di almeno un’ora e razionamento del servizio per la mancanza di approvvigionamenti energetici.
Prima la rivoluzione cubana si nutriva di un grosso sostegno da parte dall’ex Unione Sovietica. Dopo il crollo degli aiuti, il regime ha fatto partire la cosiddetta Rivoluzione Energetica che, al di là dell’enfasi rivoluzionaria, si basa sull’aumento dell’estrazione di petrolio locale (di bassa qualità, con alto contenuto di zolfo) e sulla riduzione dei consumi, con pochi margini per il rafforzamento della rete.


Il sistema elettrico cubano, vecchio stile non liberalizzato, ha un carico di punta dell’ordine dei 3 GW (e una potenza installata di quasi 6 GW) con circa 11 milioni di abitanti.
La generazione, sostanzialmente di tipo termoelettrico, dipende in buona parte dalle importazioni di petrolio dal Venezuela, ormai avviato verso il disastro economico e sociale. L’infrastruttura elettrica è vecchia e in cattivo stato, con perdite che superano il 14 per cento. A partire dal 2013 c’è stata una certa enfasi sulla generazione distribuita da fonti rinnovabili, comunque presente in modo residuale (circa il 4 per cento).
Obiettivo strategico dichiarato è portare il contributo delle rinnovabili al 24 per cento entro il 2030, soprattutto usando biomasse derivate dalla produzione agricola. Gli ultimi due uragani hanno sconquassato il sistema elettrico, con danni a molte centrali e a diversi tralicci (1.400 trasformatori fuori servizio, 2.000 chilometri di linee distrutte). Dopo un blackout totale, ci sono volute quasi due settimane perché il servizio elettrico potesse lentamente riprendere, a macchia di leopardo, con rotazioni fra gli utenti serviti.
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