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Mori: “Più kWh e meno CO2 nel futuro energetico del Paese” Stampa E-mail










di DAVIDE CANEVARI
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Parola d’ordine: decarbonizzare. Può sembrare uno slogan di quelli che durano lo spazio di una stagione, prima di essere superati da qualche altro impegno in versione spot pubblicitario. Non è così. Da Roma a Bruxelles passando per Parigi, la scelta di promuovere nuovi modelli economici low carbon appare come un dato di fatto acquisito. Superata ogni remora sul se, è il momento di concentrare l’attenzione sul come.















Per capire le ragioni di questa sfida nello specifico del settore elettrico italiano, Nuova Energia ha incontrato Simone Mori, presidente di Elettricità Futura. E la prima considerazione coglie già un po’ di sorpresa...
“In fondo - esordisce Mori - non stiamo inventando nulla di nuovo. Per noi vuol dire proseguire su una strada, quella dello sviluppo delle fonti rinnovabili e della marginalizzazione degli impianti tradizionali più obsoleti e meno efficienti, che abbiamo intrapreso ormai da molti anni. Il Manifesto che abbiamo pubblicato lo scorso giugno evidenzia come dal 1990 al 2015 le emissioni complessive di anidride carbonica generate dal settore elettrico italiano sono diminuite di oltre il 26 per cento e quelle per kWh consumato di oltre il 45 per cento. Al contempo si è ridotto di 9 punti percentuali il nostro tasso di dipendenza dall’estero”.

“Sono altrettanto significativi prosegue Mori - i risultati conseguiti in termini di efficienza energetica. Ad oggi, il nostro Paese può vantare un consumo finale di energia per unità di PIL inferiore alla media europea di circa il 10 per cento e al di sotto della media dei Paesi nell’area OCSE di circa il 20 per cento. Rispetto agli USA il nostro vantaggio sale al 35 per cento”.


Ottimo curriculum... E restano ulteriori significativi margini di miglioramento?
Partendo dal presupposto che l’elettricità è il vettore fondamentale per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e che maggiori consumi di elettricità possono tradursi in minori consumi di energia, ci siamo dati obiettivi a dir poco sfidanti nel lungo periodo: arrivare a un taglio delle emissioni nazionali di CO2 pari ad oltre 200 milioni di tonnellate nel 2050 rispetto allo scenario tendenziale.
Un ruolo primario spetterà all’ulteriore sviluppo delle fonti rinnovabili. Il loro apporto alla generazione dovrebbe superare la soglia del 50 per cento – come ordine di grandezza – entro il 2030. Si tratta di un traguardo assolutamente alla nostra portata: già oggi, in ambiti territoriali con adeguate risorse di sole o di vento, le FER possono competere “alla pari” con i combustibili fossili sul nuovo. E ci aspettiamo dalle nuove aste ulteriori segnali positivi di prezzo.


E sull’esistente?
Anche il ruolo dei rifacimenti può essere fondamentale. I siti che hanno ospitato la prima fase di espansione delle rinnovabili nel nostro Paese sono i migliori in termini di risorse, ma scontano la presenza di soluzioni costruttive e tecnologiche ormai ampiamente superate. Con i nuovi generatori oggi presenti sul mercato sarebbe possibile incrementare sensibilmente la loro produzione.


Per passare dalle intenzioni ai fatti?
Credo che la semplificazione delle procedure normative e l’introduzione di meccanismi specifici rivolti ai rifacimenti siano dei passaggi fondamentali.
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© nuovaenergia | RIPRODUZIONE RISERVATA

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