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PAUSA-ENERGIA
 
Pesce d'Aprilia Stampa E-mail
di Federico Santi

Qualche tempo fa – non ero ancora un energumeno – scrissi “Nimby-kids e il deposito di kryptonite” (Nuova Energia n.5/2003): divagavo sulla sindrome Nimby e sul deposito nucleare di Scanzano Ionico, a quell’epoca in discussione. Nella battaglia tra ragion di Stato e ragion di Regione prevedevo una facile vittoria di quest’ultima. Così è stato. Ma un palazzo radioattivo di trenta piani sotto il giardino provoca ansie e paure comprensibili, ancorché almeno in parte irrazionali. Diversa è invece la storia di un cicletto combinato a gas naturale equipaggiato con tre turbinette giocattolo, in pratica un triciclo. Certe volte i Nimby-kids sragionano. Certe volte, non sempre; questa volta sì. Spiego. Nei dintorni di Aprilia, cittadina di oltre 60.000 abitanti in provincia di Latina, a circa 40 km da Roma, Sorgenia ha proposto la costruzione di un nuovo impianto termoelettrico a gas naturale con tecnologia a ciclo combinato. Si tratta di una centrale green-field da 760 MW, dotata di due turbine a gas a combustione interna con combustori Dry-Low-NOx premiscelati, i cui gas di scarico sono recuperati in un generatore di vapore che alimenta una sezione termoelettrica. Grazie al recupero energetico, il rendimento globale di impianto supera il 56 per cento ponendosi ai massimi livelli raggiungibili oggi con tecnologie commerciali.


Quella del ciclo combinato a gas naturale (CCGT) è in effetti la più moderna tecnologia termoelettrica oggi disponibile sul mercato impiantistico mondiale. Le centrali tradizionali a vapore a condensazione hanno rendimenti medi nell’ordine del 35÷40 per cento, mentre i cicli combinati a gas naturale superano oggi il 55 per cento, grazie all’impiego di turbine a gas di derivazione aeronautica, e veleggiano ormai verso livelli del 60 per cento. Il principio di funzionamento è semplice: i gas combusti in uscita dalle turbine a gas alimentano caldaie a recupero, che possono così generare vapore senza bruciare combustibili inquinanti come il carbone o i derivati petroliferi pesanti. L’energia elettrica è prodotta sia dalle turbine a gas che dalla sezione a vapore, quest’ultima alimentata appunto dal recupero energetico dei gas di scarico delle prime. La ragione di rendimenti così elevati è dunque semplice da comprendere, e tuttavia l’impiego su larga scala dei cicli combinati a gas naturale è molto recente: infatti, il loro utilizzo industriale è stato reso possibile dal grande progresso della tecnologia dei materiali ceramici, che consente oggi temperature di funzionamento delle turbine a gas nell’ordine dei 1400 °C. Il salto di efficienza quasi incredibile consentito dai cicli combinati a gas rispetto alle centrali tradizionali ha fatto crescere esponenzialmente in pochi anni la richiesta di tali impianti in tutto il mondo. In Italia la profonda ristrutturazione del parco termoelettrico, avviata con la liberalizzazione del settore elettrico e ormai pressoché completata, ha registrato una vittoria schiacciante della tecnologia CCGT: praticamente tutti i progetti di nuove centrali green-field e brown-field sono stati basati sull’installazione di nuovi cicli combinati a gas naturale.
Unica eccezione l’impianto di Torrevaldaliga Nord, a Civitavecchia (Regione Lazio, come Aprilia…) in riconversione a carbone con tecnologia a vapore a condensazione.


Di pari passo con l’installazione diffusa dei CCGT è cresciuto il rendimento medio di conversione del sistema termoelettrico italiano, che oggi si pone su livelli tra i più alti al mondo. La tecnologia dei cicli combinati, lungi dall’essere obsoleta come qualcuno erroneamente sostiene, è stata invece la cura per l’obsolescenza del sistema termoelettrico nazionale. Questa è proprio la direzione verso cui l’Italia deve muovere per un futuro energetico sostenibile che, insieme ad un forte sviluppo delle fonti rinnovabili, deve prevedere un drastico aumento dell’efficienza energetica, come quello consentito dai cicli combinati rispetto alle tecnologie termoelettriche tradizionali, nonché un rapido passaggio da combustibili fossili inquinanti, come il carbone e il petrolio, a combustibili privi di particolato inquinante e a basso contenuto di carbonio come il gas naturale.
Il gas metano ha infatti un contenuto di carbonio molto inferiore a quello del carbone e del gas naturale, circa il 40 per cento meno del carbone e il 30 per cento meno dell’olio combustibile. Unitamente alla maggiore efficienza di conversione degli impianti a ciclo combinato, questa differenza si traduce in un fattore di emissione di anidride carbonica che vale circa un terzo rispetto a quello degli impianti a carbone e circa la metà rispetto a quello degli impianti ad olio combustibile. Come dire che, per ogni kilowattora prodotto, passare da un impianto ad olio combustibile a un impianto a gas naturale CCGT significa ridurre le emissioni di CO2 del 50 per cento, mentre rispetto ad un impianto a carbone la riduzione è addirittura del 65 per cento. L’anidride carbonica non è certo un agente inquinante, ma è pur sempre un gas ad effetto serra, per cui la riduzione delle emissioni, pur non essendo un problema di carattere locale,è comunque cruciale per evitare il riscaldamento globale. Da questo punto di vista, gli impianti CCGT sono fondamentali per il passaggio ad un’economia energetica low-carbon, nonché, ovviamente, per il raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto: se si pensa che l’obiettivo di Kyoto per l’Europa Occidentale consiste in una riduzione delle emissioni dell’8 per cento rispetto ai valori del 1990, si capisce bene come una tecnologia in grado di ridurre le emissioni del 50÷65 per cento sia essenziale per la sostenibilità ambientale del sistema energetico di domani.
Per quanto riguarda l’inquinamento, il gas naturale non contiene impurità solide, a differenza del carbone e, in minor misura, dei derivati petroliferi pesanti. Pertanto, durante la combustione di gas naturale si ha un rilascio di polveri bassissimo, praticamente irrilevante. Del resto, gli impianti CCGT sono a combustione interna, come i motori delle automobili, per cui è di grande interesse per il gestore dell’impianto aver cura che i fumi caldi nelle turbine siano il più possibile puliti,onde evitare il danneggiamento delle delicate palettature delle turbine stesse. Tanto è vero che negli impianti CCGT l’aria comburente, quella che reagisce col gas naturale nel combustore, è accuratamente purificata all’ingresso dell’impianto mediante filtri di grandi dimensioni e piuttosto costosi, affinché non porti impurezze solide all’interno del compressore e della turbina. Inoltre, il gas naturale non contiene zolfo se non in tracce, a differenza del carbone e dell’olio combustibile. Durante la combustione del gas naturale non si formano dunque quantità apprezzabili di ossidi di zolfo, composti fortemente inquinanti soprattutto in combinazione con il vapore acqueo atmosferico. I soli inquinanti che si liberano dalla combustione del gas naturale sono gli ossidi di azoto e, in misura decisamente minore, il monossido di carbonio. Ciò è inevitabile nella combustione di qualsiasi combustibile, dato che, come noto, l’azoto è il componente principale dell’aria comburente, mentre il carbonio è il componente principale del combustibile. Tuttavia, i moderni combustori DLN (Dry Low NOx) premiscelati utilizzati nelle turbine a gas sono in grado di ridurre drasticamente la formazione di NOx mediante il controllo della combustione, senza necessità di impianti chimici di denitrificazione dei fumi: si hanno concentrazioni nell’ordine dei 20÷40 mg/Nm3, di gran lunga inferiori a quelle degli altri impianti termoelettrici e comunque da 5 a 10 volte al di sotto dei limiti di legge. Per l’impianto di Aprilia è stato previsto nel decreto autorizzativo un limite orario di 30 mg/Nm3 per le emissioni di ossidi di azoto, il più basso mai prescritto in Italia per impianti di combustione di taglia analoga. Inoltre, ad ulteriore garanzia del rispetto della qualità dell’aria, sono stati imposti limiti alle emissioni anche per ossidi di zolfo (0,50 mg/Nm3), COV (1 mg/Nm3) e polveri (1 mg/Nm3). Queste soglie estremamente restrittive, assolutamente impossibili da raggiungere in impianti a carbone o a derivati petroliferi, non potranno comunque essere violate dall’impianto CCGT di Aprilia dato che esso garantisce per sua natura livelli di emissioni ancor più bassi. Per quanto riguarda il monossido di carbonio, esso è generalmente presente nei fumi degli impianti CCGT in concentrazioni sistematicamente inferiori a 1 mg/Nm3. Anche tale agente inquinante è soggetto a limiti di legge ben più elevati ed è comunque oggetto di monitoraggio continuo, come gli ossidi di azoto.


E veniamo al moderno spauracchio dell’industria del terzo millennio il particolato solido, o, come vuole la moda del tempo, le “polveri sottili”. Tutti noi emettiamo “polveri sottili” in gran quantità: quando ci muoviamo in automobile, quando ci riscaldiamo, cuciniamo o ci facciamo una doccia con acqua calda prodotta da caldaiette domestiche; ma anche, indirettamente, quando consumiamo cibo, medicine, vestiti, beni d’ogni genere, dato che per produrli e trasportarli fino a noi sono serviti processi che ne hanno rilasciati copiosi quantitativi. Ma quando discutiamo del siting di nuovi impianti, dimentichiamo di tutto l’inquinamento che produciamo giorno dopo giorno, avvelenandoci vicendevolmente in un lento suicidio quotidiano, e ci scagliamo contro l’iniziativa industriale addossandole colpe in realtà profondamente nostre. Alla fine del 2004, tre dipartimenti del Politecnico di Milano, insieme con il Cesi, il Cnr e l’Arpa lombarda, hanno presentato un ampio studio teorico e sperimentale, rigoroso e approfondito, dal titolo “Impatto ambientale dei cicli combinati a gas naturale,con particolare riferimento alle emissioni di polveri sottili”. Ne è nato il libro “Cicli combinati a gas naturale. Polveri sottili ed emissioni gassose” pubblicato nel 2005 dalla Polipress, casa editrice ufficiale del Politecnico di Milano.
Ricorrendo a modelli teorici, letteratura scientifica e verifiche sperimentali dirette sulle emissioni delle centrali di Sermide, Turbigo e Porto Corsini, condotte con strumentazione alquanto sofisticata (microscopio elettronico a scansione, spettrometria EDS ed XRD, analizzatore ottico laser, etc.) luminari del calibro dei professori Macchi, Giugliano, Ranzi, hanno dimostrato che la concentrazione di polveri totali sospese (PTS) nei fumi in uscita dagli impianti CCGT a gas naturale sono bassissime, nell’ordine di pochi milionesimi di grammo per metro cubo, sia per il PM10 (circa il 60 per cento del particolato totale) che per il PM2,5. Addirittura, è stato dimostrato e verificato sperimentalmente che la concentrazione di polveri sottili nei fumi è più bassa della concentrazione di polveri sottili nell’aria in ingresso dell’impianto. Capito bene?!? Cito: “La turbina a gas si comporta come un dispositivo di depurazione dell’aria ambiente dal particolato in essa sospeso” (Macchi, Giugliano et al., op.cit.). Non sono io a dirlo, sono scienziati italiani di fama mondiale, che hanno scritto centinaia di libri e articoli, fatto scoperte e invenzioni tecniche e contribuito col loro lavoro al progresso della nostra nazione e, perché no, dell’umanità. E sostengono un’affermazione che al sentire comune sembra assurda, tanto siamo immersi in un giornalismo da feccia, che ci lava il cervello con stupidaggini quotidiane fino a farci stupire della verità: le turbine a gas purificano l’aria dalle polveri sottili.


Repetita iuvant, aprite le orecchie: le turbine a gas purificano l’aria ambiente dalle polveri sottili in essa contenute (grazie al nostro quotidiano inquinare). In effetti, non ci sarebbe da stupirsi, dato che l’aria in ingresso nei gruppi turbogas viene accuratamente filtrata, mentre la combustione del gas naturale non aggiunge particolato ai fumi. Eppure, son convinto, al lettore questo concetto sembrerà non già un’ovvia verità, ma un’esagerazione di chi nasconde chissà quali fini. E non sono abbastanza bravo nell’arte dello scrivere per convincerlo che non si tratta d’altro che della verità. Pura e semplice, accertata con modelli teorici, letteratura scientifica e verifiche sperimentali trasparenti e approfondite.
Per confronto, una centrale a vapore tradizionale in assetto ottimale, con elettrofiltri, alimentata al 75 per cento da gas naturale e al 25 per cento da olio combustibile, emette circa 400 μg/Nm 3 di PM tot contro i circa 15 μg/Nm3 dei cicli combinati a gas: quasi trenta volte tanto. Ma una centrale a vapore senza elettrofiltri, alimentata per il 50 per cento da olio combustibile e per il 50 per cento da gas naturale, in un funzionamento con frequenti parzializzazioni emette circa 30.000 μg/Nm3 di PM tot oltre 2.000 volte (!) le emissioni dei cicli combinati a gas, e senza violare i limiti di legge. Nei fumi delle centrali CCGT sono del tutto assenti anche le particelle carboniose, a dimostrazione del fatto che con i moderni combustori a secco premiscelati la reazione di combustione è sempre completa.
Dicono dunque gli scienziati (una volta tanto italiani) che gli impianti CCGT, soprattutto se dotati di combustori DLN premiscelati, non costituiscono alcun pericolo per la salute pubblica e non hanno alcun nesso di causalità con cosiddette “nanopatologie”, né con altre patologie legate all’inquinamento atmosferico, data l’irrisoria quantità di effluenti rilasciati in atmosfera, che diventa rilevante esclusivamente per gli ossidi di azoto e, in misura decisamente inferiore, per il monossido di carbonio. Uno può anche non credere alle verità scientifiche, liberissimo.
Ma restano pur sempre verità, che ci si creda o no. Grazie a Dio, la verità è indipendente dalla fede umana.
Oltre a produrre emissioni pressoché trascurabili di polveri, ossidi di zolfo e altri inquinanti, nonché emissioni relativamente ridotte di ossidi di azoto e di gas serra, i cicli combinati a gas naturale presentano altri indubbi vantaggi sotto il profilo ambientale, rispetto alle centrali termoelettriche tradizionali. Hanno taglie relativamente più piccole e dunque un bilancio ambientale complessivo decisamente più favorevole. Sono modulari, nel senso che possono funzionare in diverse configurazioni impiantistiche e a diversi livelli di carico senza penalizzazioni di rendimento, né crescita momentanea dei livelli di emissioni per funzionamenti a potenza parziale (ciò che invece accade agli impianti convenzionali quando viene loro richiesto di funzionare in modulazione). Consumano poca acqua rispetto alle centrali tradizionali, le quali viceversa hanno bisogno di grandi corpi d’acqua nelle vicinanze (mare o grandi fiumi) e devono quindi essere ubicate in zone generalmente di un certo interesse paesaggistico. I camini per i fumi degli impianti CCGT possono essere molto più bassi di quelli delle centrali a vapore tradizionali, per cui l’impatto visivo risulta notevolmente ridotto. Altrettanto contenuto è l’impegno territoriale, in termini di estensione dell’area occupata dall’impianto.

L’assenza di depositi di combustibile favorisce la compattezza dell’impianto riducendo l’impegno territoriale, abbatte drasticamente i rischi per le zone circostanti di fatto annullandoli ed evita la fuoriuscita di sostanze inquinanti liquide o solide nelle aree interessate. La fase di costruzione di un impianto CCGT come quello di Aprilia può durare poco più di due anni, contro i quattro necessari per le centrali tradizionali: il disagio recato al territorio dalle attività di cantiere, ancorché quasi insignificante, risulta comunque fortemente ridotto.
In sostanza, è “scientifically correct” affermare che al giorno d’oggi non esiste nessuna tecnologia termoelettrica migliore dei cicli combinati a gas naturale,né dal punto di vista ambientale (ambiente locale) né dal punto di vista dell’efficienza energetica (ambiente globale). Il punto di forza ambientale dei CCGT, vale a dire l’uso tecnologicamente obbligato del gas naturale con alta efficienza di conversione e basse emissioni, ne è anche il punto di debolezza industriale: il gas naturale è un combustibile di grande pregio, ricco di idrogeno e quasi del tutto privo di impurezze, e di conseguenza ha un costo elevato. Produrre elettricità col gas naturale costa circa il doppio che produrla col carbone. E tuttavia andrebbero considerati nel conto anche i costi “esterni”, ossia i costi per le misure di prevenzione e protezione della salute pubblica e dell’ambiente. Se si monetizzassero le esternalità ambientali, il costo dell’elettricità prodotta dai cicli combinati a gas naturale potrebbe diventare più basso di quello dell’elettricità prodotta bruciando combustibili di basso pregio. Con l’emission trading, per ora limitato ai gas serra, la comunità internazionale ha timidamente cominciato ad internalizzare almeno una parte dei costi ambientali. Molto c’è ancora da fare, senza dubbio. Ma anche da questo punto di vista, un sistema termoelettrico basato sulla tecnologia dei cicli combinati a gas naturale integrato con un sistema di piccola generazione distribuita a fonti rinnovabili è un passo obbligato verso la sostenibilità energetica del Paese.
E allora, se la tecnologia dell’impianto di Aprilia è così moderna e amica dell’ambiente locale e globale, perché riscuote l’opposizione di una parte dei cittadini? Difficile da capire, non so rispondere se non con congetture, che per il momento evito di esternare.

L’epidemia Nimby che ammorba ormai ogni angolo della nostra decadente nazioncella ha avvelenato coi suoi odiosi bacilli anche questa iniziativa. Come accade in questi casi, la qualità del progetto proposto, la scelta delle tecnologie più moderne e meno impattanti, l’attenzione alle ricadute sociali e territoriali, la serietà imprenditoriale, sono del tutto irrilevanti per chi non ha altro da fare che protestare “a prescindere”, direbbe Totò, convincendosi che la protesta, pensa un po’, è un nobile ideale. Quando i veri ideali sono assenti (e anche le idee non è che abbondino) il bisogno dell’uomo di “non viver come bruto” degenera in una irrazionale, generica avversione al progresso tecnico, come per espiare la colpa di un benessere che, immeritato, sembra assodato, indiscutibile e slegato da quelle iniziative industriali su cui, viceversa, esso si fonda.
Ai Nimby-kids non interessa la verità,ne hanno una loro e guai a metterla in discussione: ce n’è per tutti, scienziati, ingegneri, medici, professori universitari, non esiste credibilità immune da irriverenti sberleffi per chi sostiene verità non gradite, dannose alla sacrosanta protesta. Sui media locali (giornali, manifesti, volantini, siti web, etc.) compare di tutto: leggende metropolitane, allarmismi ridicoli, risibili opinioni di sedicenti esperti, chincaglierie e immondizie intellettuali d’ogni sorta: non si butta via niente, tutto è buono per la crociata; tranne, ovviamente, ciò che ad essa è contrario.
Solo il traffico veicolare di Aprilia emette ogni anno una quantità di polveri sottili stimabile in 10÷15 volte quella che potrebbe essere rilasciata in atmosfera dal nuovo impianto: i turbogas di Sorgenia potrebbero “purificare” l’aria di Aprilia.
Eppure, i Nimby-kids additano l’impianto come foriero di malattie terribile causate dal particolato in uscita. È un mondo difficile. Mi chiedo: perché i Nimby-kids di Aprilia consumano per i loro bisogni l’elettricità che viene prodotta altrove, ad esempio a Civitavecchia, dalle mie parti, e poi invocano l’autorità regionale a tutela dei diritti dei cittadini? Forse che la Regione ha dei cittadini di serie B, che devono ammalarsi coi fumi della combustione del carbone per far giocare alla playstation i figli dei Nimby di Aprilia? Non mi pare molto democratico.

Quel che è peggio, mentre riflettiamo sulle assurdità delle ragioni addotte a sostegno dell’opposizione ad un progetto industriale intelligente, moderno, pulito, serio, condivisibile da tutti, arriva la notizia di un ripensamento, appunto, della Regione Lazio. Pare che il governo regionale intenda ritirare il proprio assenso al progetto, formalmente concesso nell’iter autorizzativo conclusosi con il DMSE del 02-10-2006, sostenendo che il Lazio ha già abbastanza capacità termoelettrica installata e non ha bisogno di nuovi impianti.
Inaudito. Di cosa parliamo? Dei nuovi 2.000 MW a carbone di Civitavecchia? Del termovalorizzatore di Malagrotta? Di cosa parliamo? Come si fa a concedere l’autorizzazione ad un progetto da 400 milioni di euro, che richiede una spesa di decine di milioni per la sola progettazione, e poi ripensarci adducendo regioni di pianificazione? È un gesto politico di gravità inaudita. Sono questi eventi che demoliscono l’economia italiana, non esagero. È la famigerata “instabilità del quadro regolatorio” che causa rischi inaccettabili per gli investitori e fa ristagnare il Paese nell’obsolescenza di infrastrutture da Medioevo ProssimoVenturo. Non è l’effetto dell’epidemia Nimby, ma il prodotto di una sottocultura politica che non sa riconoscere la valenza delle iniziative
di sviluppo neanche quando vanno nella direzione della sostenibilità e si limita ad applicare logiche di discernimento fondate sulla ricerca di un discutibile consenso, quando non sulla disonestà intellettuale.
Forse l’Ansa che ha diffuso questa notizia sul carnevalesco atteggiamento della Regione Lazio è uno scherzo.
Alla fine di Marzo, anche il meteo è in vena di scherzare: invece di entrare la primavera, in barba al calendario è arrivato l’inverno. Nevica all’equinozio di primavera. Così, forse, per Sorgenia hanno preparato una burla. Un pesce d’Aprilia.

 
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