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C’è un PNR che sprizza ottimismo. Sarà giustificato? Stampa E-mail

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di Roberto Napoli




Dopo lunga gestazione il 2 maggio 2016 il CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) ha approvato il nuovo Programma Nazionale per la Ricerca (PNR) 2015-2020. È un atto di governo importante per la ricerca e l’innovazione, ma che nasce già con una piccola distonia.


La prima bozza del piano risale al 2014 (governo Letta), con l’intestazione PNR 2014-2020. La versione finale è appena arrivata, pudicamente rietichettata 2015-2020, anche se siamo già a metà del 2016.
Del resto le programmazioni italiche, in genere letterariamente pregevoli, vanno sempre prese con beneficio d’inventario, per cui nella loro pratica possono essere anche applicate a ritroso, tanto nessuno se ne accorge.

Il PNR non si sottrae alla tradizione di pregevolezza stilistica, essendo un corposo documento di 96 pagine, che non lesina audaci voli letterari, compreso un inno alla centralità del sapere per il benessere delle comunità umane, accompagnato dalla constatazione che la centralità della conoscenza è destinata ad aumentare e che l’Italia ha le carte in regola per arrivare ad una funzione più alta in questo cammino, a condizione che conosca i propri limiti per poterli superare (limiti purtroppo visibili anche ad uno con ridotte capacità visive) e che punti sui propri punti di forza (e qui il discorso diventa decisamente più complicato).[...]

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