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IL GIORNALIERO | Meno States e più Asia per l’export di gas canadese Stampa E-mail

29 APRILE 2016 - Se si chiude una porta, si può aprire un portone. Nel caso del gas naturale canadese la porta, più che altro un tubo, mette direttamente in comunicazione con i vicini Stati Uniti; mentre il portone, da intendersi come una flotta di navi GNL, si spalanca verso i mercati asiatici.
Il Canada’s National Energy Board ha fatto qualche conto sul futuro del settore, anche a lunghissimo termine. Le esportazioni nette verso gli Stati Uniti, sempre più indipendenti, anzi a loro volta esportatori, sono destinate a calare drasticamente fino a raggiungere i 2,5 miliardi di piedi cubi/giorno nel 2025 (nel 2007 era stato raggiunto il record di 10,6 miliardi). Nel 2040 si prevede che i volumi di gas in ingresso dagli States saranno maggiori rispetto a quelli in uscita dal Canada.
Per fortuna c’è l’altra strada o, meglio, l’altra tecnologia: il GNL. In uno scenario di crescita ridotta, senza ingenti investimenti in nuove infrastrutture, la produzione interna di gas naturale dovrebbe mantenersi attorno ai livelli attuali (15 miliardi di piedi cubi) per i prossimi 25 anni, senza particolari scossoni.
Nell’ipotesi alternativa - high-LNG case - la produzione potrebbe invece crescere costantemente da qui al 2040 fino a raggiungere i 22 miliardi. Questo grazie, appunto, ad uno sviluppo delle esportazioni di gas naturale liquefatto, essenzialmente verso l’Asia, che potrebbe raggiungere i 4 miliardi di piedi cubi nel 2023 e i 6 miliardi nel 2030.
In parallelo dovrebbero anche crescere i consumi interni (a 16,4 miliari di piedi cubi/giorno nel 2025 e 18,6 nel 2040).

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