Il clima ha i suoi tempi (e non sono i nostri) |
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di Nicolas A. Barnes
Nel coacervo delle conclusioni della COP 21 di Parigi del dicembre dell’anno passato e delle susseguenti discussioni post-Conferenza, emergono due aspetti relativi all’avvento in un futuro prossimo venturo (2030? 2050?) di quella che enfaticamente potremmo definire una autentica rivoluzione energetica:
la transizione al 100 per cento di energie rinnovabili e la parallela quasi totale cessazione dell’utilizzo delle fonti fossili tradizionali; il che dovrebbe, tra l’altro, consentire una riduzione delle emissioni di CO2 coerente con i limiti fissati dall’Accordo di Parigi.
Sulla base di queste stime potremmo, allargando la nostra visione a orizzonti più lontani, immaginare che attraverso una radicale inversione di tendenza si possa raggiungere un obiettivo cruciale per la nostra epoca: il cambiamento climatico cesserà di essere un problema per l’umanità. Purtroppo la realtà dei fatti è sempre più complessa per una pluralità di ragioni.
Tra queste vi è un aspetto che spesso non viene preso in adeguata considerazione (in particolare in tema di comunicazione energetico-ambientale) e cioè l’inerzia dei sistemi climatici ed ecologici.
L’inerzia è una caratteristica intrinseca e diffusa dell’interazione dei sistemi climatici, ecologici e socio-economici. Così alcuni impatti dei cambiamenti climatici di origine antropica possono tardare a diventare evidenti e alcuni di essi potrebbero essere irreversibili se il cambiamento climatico non è limitato sia in frequenza sia in grandezza.
Questa caratteristica del sistema climatico fa sì che nei fatti, dopo la riduzione delle emissioni e la stabilizzazione della concentrazione della CO2 atmosferica, continuino a salire per un certo periodo di tempo la temperatura dell’aria e il livello del mare. La conclusione è tranchant: anche se annullassimo del tutto le emissioni di CO2, ci vorrà ancora del tempo per la stabilizzazione del sistema climatico.[...]
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