di Vittorio D’Ermo
Tra le tante novità del 2015 spicca lo sconvolgimento dei rapporti di competitività tra le fonti primarie. Nel periodo 2010-2014 il prezzo del petrolio, in unità omogenee, aveva sempre occupato la prima posizione, seguito - a notevole distanza - dal gas naturale scambiato a prezzi di gran lunga inferiori che, tra l’altro, non riconoscevano le sue elevate caratteristiche ambientali.
In ultima posizione il carbone, protetto da un differenziale particolarmente elevato che ne favoriva l’affermazione in molte aree del mondo, a partire dal continente asiatico. A partire dalla seconda metà del 2014 il prezzo del petrolio, da diversi anni intorno ai 100 dollari per barile, ha cominciato a indebolirsi portando ad una forte riduzione dei differenziali tra le varie fonti.
All’inizio del 2015 i segnali di cambiamento si sono fatti ancora più evidenti, con un prezzo del petrolio a quota 48,2 dollari/barile, addirittura sotto il prezzo del gas importato in Europa sulla base di contratti a lungo termine,scambiato a circa 52,3 dollari/barile, in netto contrasto con l’evoluzione degli ultimi anni caratterizzata da un vantaggio a favore del gas di circa 40 dollari/barile.
A questa offensiva il gas naturale ha risposto con riduzione dei prezzi molto significativa, anche se non della stessa misura di quella del greggio. Alla fine dell’anno il gas riusciva a guadagnare competitività, con un prezzo di 32 dollari/barile e con il greggio a 48 dollari/barile.
All’inizio del 2016 la situazione è di nuovo cambiata, con un nuovo calo dei prezzi del petrolio. Nel mese di gennaio, infatti, il prezzo di questa fonte è sceso intorno ai 30 dollari/barile, a poca distanza dai prezzi del gas che si è attestato intorno ai 28,4 dollari/barile, rimanendo comunque in vantaggio. Il carbone quotato a Rotterdam è stato scambiato invece intorno agli 11 dollari per barile, con un differenziale dal petrolio di circa 27 dollari/barile rispetto agli 85 di inizio 2014.[...]
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