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Sta finendo l’era del petrolio? Chiedetelo all’IPP... Stampa E-mail

Torna al sommario del dossier di Riccardo Varvelli | Politecnico di Torino






Alla chiusura della COP21 che si è tenuta a dicembre 2015 a Parigi, alcuni giornali di tiratura nazionale hanno commentato l’evento con questa affermazione: è finita l’era del petrolio, inizia l’era delle energie verdi. Mai dichiarazione è stata fatta in maniera più azzardata e più sbagliata, creando nell’ingenuo e talvolta sprovveduto lettore attese inconsistenti e falsamente realizzabili nel breve termine.


Nel linguaggio energetico, per “era” si intende il periodo temporale durante il quale una energia prevale in termini percentuali sulle altre. Con questa premessa possiamo dunque tranquillamente affermare che siamo ancora nell’era del petrolio; e per ora ci restiamo.
Infatti, l’incidenza percentuale della fonte petrolifera nel 2015 ha ancora prevalso sulle altre per un valore pari al 32 per cento sul totale della produzione energetica mondiale. A una incollatura segue il carbone (30 per cento); terzo in classifica, il gas naturale con il 23 per cento. A grande distanza seguono le energie rinnovabili (11 per cento) e il nucleare (5 per cento).


La percentuale sul totale della produzione energetica (calcolata sulla base di fattori di omogeneizzazione, tali da permettere di confrontare il valore assoluto di produzione, fra fonti misurate con unità di misura diverse) è l’indicatore ideale per effettuare un confronto. Con questo dato si può stabilire facilmente che è della fine degli anni Cinquanta del secolo scorso l’inizio dell’era del petrolio, quando la percentuale dei valori omogeneizzati di produzione del greggio ha superato quella del carbone.
Nel 1959 le percentuali di entrambe le fonti erano del 40 per cento sul totale energetico. Da allora la percentuale del petrolio è andata man mano crescendo fino al valore del 46 per cento (anno 1971). Dopodiché ha iniziato a diminuire (44 nel 1981, 40 nel 1991, 38 nel 2001 e 35 nel 2011) per piazzarsi nel 2015, come detto, a quota 32 per cento. [...]

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