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Australia, tutte le mosse sullo scacchiere Asia-Pacifico Stampa E-mail
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di Davide Urso


Poco si è scritto sulla questione energetica dell’Australia. Dopo un’analisi geoenergetica, tre sono i risultati a cui siamo pervenuti: 1) l’Australia è un possibile “avamposto strategico” dell’architettura geoenergetica della pan-regione Asia-Pacifico; 2) è impossibile capire la nomenclatura e le dinamiche di geopolitica energetica senza un approccio pan-regionale;


3) l’Australia, se adeguatamente “sfruttata”, potrebbe generare quel congagement (containment + engagement) che auspicano gli Stati Uniti verso la Cina e l’India, con ripercussioni verso la Russia e il Medio Oriente allargato, modellizzando un approccio di geopolitica regionalistica che eviterebbe l’eccessiva entrata in campo di Washington (smart power dell’energia).

La media dei principali studi a livello mondiale sulla pan-regione Asia-Pacifico indica una crescita del consumo di energia di circa il 60 per cento entro il 2035, mentre le importazioni dovrebbero aumentare dell’88 per cento e la capacità di produzione di circa il 52. In attesa dell’energia nucleare, saranno i fossili a soddisfare la fame di energia.
Le importazioni di carbone dovrebbero aumentare di un fattore 9 (più 900 per cento), quelle di gas naturale di quasi un fattore 2 (più 184) e il greggio di un più 61 per cento. Il petrolio dovrebbe contare per circa il 56 per cento dell’incremento totale delle importazioni. Per singola fonte, la domanda dei fossili prevederebbe un aumento del gas naturale di circa il 100 per cento, del petrolio del 40 e del carbone del 38, mentre le FER registrerebbero un aumento di potenza installata di oltre il 500 per cento, l’energia nucleare del 386 e l’idroelettrico del 38.[...]


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