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DI TUTTO UN PO' 382 - Merita comprensione chi non vuole più fare il mestiere di sindaco Stampa E-mail

Qualche giorno fa, Mattia Feltri, sulla Stampa (di Torino), ha scritto un articolo. Titolo: “Tramonto dei sindaci. Il mestiere che nessuno vuole più fare. Dal partito dei primi cittadini al declino: così è finito tutto”.

Il pezzo è tutto da godere e fa molto riflettere. Al figlio di Vittorio (buon sangue non mente) devo porgere un ringraziamento che abbino all’invito che rivolgo ai lettori di questa rubrica. Fate un salto sull’archivio del quotidiano e fate un po’ di fatica a trovare l’articolo. Dopo averlo letto sarete felici. Io lo ero e qui sta il motivo del ringraziamento. Non solo per il taglio sociopolitico che tratteggia acutamente un cambio di passo nella vita del Paese ma perché il tema trattato mi fa ricordare persone e luoghi cari. Mi spiego: il soggetto è il sindaco. Adesso, come sostiene il giornalista, nessuno vuole più farlo. Anch’io lo penso, e in tempi non sospetti, molto ma molto antecedenti all’articolo in questione, ho pronunciato coram populo la seguente frase: “L’unico mestiere che non farei è il sindaco/l’amministratore pubblico”. Citavo un altro mestiere indesiderato, ma in questa sede non lo posso pubblicizzare.

Ho conosciuto molti sindaci, non quelli che fanno capolino nelle trasmissioni tv e che diventeranno governatori e ministri (anche primi). A proposito, sono convinto che spesso dormano assai poco e non abbiano il tempo di fare una doccia prima di apparire in studio (non solo loro, anche giornalisti, esperti vari e così via). Infatti, amministrare città crea grattacapi e penso ne abbiano tanti notando la forfora che abbonda sulle giacche. Soprattutto il mattino, noto pure che prima di accomodarsi, qualcuno li pettina come faceva mamma con il pupo prima di accompagnarlo a scuola. Qualcuno è messo veramente male e forse si è sentita male la truccatrice che si è messa le mani nei capelli quando ha messo le proprie in quelli dell’ospite. Così si spiegano alcune acconciature a base di abbondante gommina che ricordano vagamente il primo punk inglese. E vai con la colla brillantina a mo’ di tappeto che copre la minuta spazzatura cutanea.

Scherzo, non sono tutti così e ripeto che non vorrei essere nei loro panni (vedi anche Procure). MI ricordo invece quelli che vestivano alcuni sindaci della mia Pianura. Essendo la zona politicamente, allora, candeggiata non assomigliavano a Peppone ma alcuni lo emulavano in simpatia e umanità. Altri tempi, quando (ma torno alla mia infanzia) c’era ancora il daziale e non la Riforma Vanoni (si prega di fare un giretto su Internet per saperne di più). Le tasse erano poche per numero ed entità. Ricordo un primo cittadino che attraversava la piazza del Municipio per entrarvi dopo cinquanta metri. Non c’erano gravi problemi sociali e la povertà era bel diversa da quella che verrà verso il 2008 e seguenti.

A casa mia, poi, c’era un unico bidone della spazzatura e la differenziata un traguardo a venire. L’Italia aveva fatto boom e pur nella frenesia dello sviluppo la gente era tranquilla dopo anni non proprio floridi (la perifrasi non rende). E spesso constatavo questa stabilità nei volti e nel modo di essere dei sindaci, essendo genitori di miei amici e a loro volta amici dei miei genitori. Ricordo soprattutto sguardi sereni che comunicavano esperienze mature, senza fronzoli. Altro non voglio dire e nemmeno pontificare. Voglio solo aggiungere che l’ultimo, tuttora in carica, mi ha confessato di avere un’ulcera. Non ho voluto approfondire l’argomento ma l’eziologia è intuibile.

Ringrazio ancora Feltri M. aggiungendo una noterella etimologica: essendo sindaco e sindacato assai apparentati, vista la fine del secondo c’era da attendersi quella del primo.

Giuliano Agnolini
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