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DI TUTTO UN PO' 374 - La fauna umana è meno selvatica ma più selvaggia Stampa E-mail

L’ecoturismo può mettere in pericolo la fauna selvatica. Non lo dico io, ma uno studio dell’Università di Los Angeles pubblicato sulla rivista Trends in Ecology and Evolution. Non so se l’incipit corrisponda al vero, certo che il suffisso eco dovrebbe garantire un po’ di attenzione alle varie presenze nel Creato. E pertanto, pur non essendo dotato come un cane molecolare, fiutata la notizia, ho seguito la traccia il cui succo è il seguente: la massiccia presenza umana può modificare il comportamento degli animali, rendendoli più vulnerabili a bracconieri e predatori.

Altra informazione: le aree protette in tutto il Pianeta ricevono ogni anno più di 8 miliardi di visite. “Un afflusso enorme, che si unisce alla lunga lista di rapidi cambiamenti ambientali causati dall’uomo andando a impattare sulla fauna”, evidenzia l’autore della ricerca Daniel Blumstein. Pensavo che fosse messa male solo Venezia.

L’abitudine ai visitatori, spiegano gli esperti, può far abbassare la guardia degli animali verso gli umani, una “rilassatezza” che potrebbe renderli meno guardinghi anche nei confronti dei predatori. La presenza dell’uomo può inoltre scoraggiare i predatori naturali, creando una sorta di area protetta per le prede, meno sensibili quindi ai pericoli. Non so se questo capita anche nel Bengala con la tigre, tanto amata nella variante siberiana da Putin, ma proseguiamo.

L’ecoturismo, in sostanza, procurerebbe gli stessi effetti riscontrati sugli animali selvatici quando ce li portiamo in casa. Ricerche precedenti - si apprende - hanno dimostrato che le volpi argentate addomesticate diventano più docili e meno timorose, che gli uccelli e gli scoiattoli volpe residenti in aree urbane sono più lenti nel fuggire dal pericolo, mentre i pesci domestici sono meno reattivi ad attacchi simulati di predatori.

“Se gli animali si abituano agli uomini e se le pratiche turistiche invasive incrementano questa abitudine, si può dar vita a conseguenze indesiderate, come l’aumento del rischio di predazione”, osserva Blumstein. “Anche una minima perturbazione causata dall’uomo potrebbe influenzare il comportamento di alcune specie e la loro funzione all’interno dell’ecosistema”.

A questo punto, mi chiedo se gli uomini si siano abituati agli uomini smentendo le teorie di Thomas Hobbes che aveva studiato i lupi a due zampe. E qui la faccenda si complica. Se le città sono diventate una giungla (quelle vere, nonché quelle d’asfalto sono amate da turisti non sempre eco), vale la pena di sottolineare che la fauna umana è diventata un po’ meno selvatica (vedi i molti confort di cui dispone) ma più selvaggia nei comportamenti non proprio e sempre rilassati di fronte ai consimili, anche in famiglia.

Qualcuno è diventato troppo buono e di ciò ne approfittano i cattivi. Ci sono telefoni di tutti i colori che danno tanta assistenza. E se trovi qualcuno disposto a porgere l’altra guancia, qualcun altro (con o senza futili motivi) ti rovina tutto il resto, vita compresa. Non mi sembra che gli uomini, da Neanderthal in su, si siano abituati agli uomini. Eppoi, a parte l’ecoturismo, non capisco perché alcuni viaggiano in jet e altri sui gommoni.

Giuliano Agnolini
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