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DI TUTTO UN PO' 370 - E adesso pedala! (con la bici a prova di ladro) Stampa E-mail

Non siamo ai livelli creativi di Marcel Duchamp e Picasso, rispettivamente con la Ruota di bicicletta e la Testa di toro, a loro modo un omaggio al velocipede. Già che siamo in tema artistico, ci sta a pennello anche il film Ladri di biciclette. Sì, perché l’arredo/paesaggio urbano si è arricchito di nuove composizioni grazie alla furtiva creatività di chi lascia a piedi chi ama e pedala su due ruote.

Gironzolando, si nota una galleria di scheletri metallici più o meno integri. Manca un fanale, una ruota, talvolta una sella o il manubrio. Il campanello, un tempo il souvenir più comodo da asportare, non viene nemmeno istallato. Nei casi peggiori, per il proprietario, resta una triste catena a ricordo di quanto doveva proteggere. Qualcuno non usa le mezze misure: bici in spalla portandola in casa o sul balcone. Lì sì che stai sicuro! Ed è così che pali di vario tipo, inferriate, grate ed alberi si combinano con gli avanzi di quello che fu un destriero ritornato in voga quando nel nostro Paese ormai circolano più di quaranta milioni di automezzi.

Aldilà della ovvia gravità del reato, peraltro alcune bici costano assai, lo spettacolo non è dei migliori e in attesa che qualcuno ci metta rimedio (il proprietario o il Comune), che fare? Non so come andrà a finire, ma la seguente notizia potrebbe cambiare lo scenario sopradescritto. Ecco che diventa realtà la bicicletta smart, a prova di ladro. L’unico modo per rubarla è romperla. All’inizio, ho pensato che fosse uno scherzo, sbagliandomi. Yerka, questo il nome della bici ha un telaio smontabile in due parti e riassemblabile in modo da incastrarsi intorno a un palo o a un albero, chiudendosi con una chiave speciale in un batter d’occhio. Per portarsela via, si deve segare il telaio, rendendo inutile il furto.

La notizia, poi, presenta un risvolto interessante. Gli inventori di Yerka sono tre giovani cileni che, con un finanziamento statale e il crowdfunding, l’hanno commercializzata in 300 pezzi, venduti al prezzo di 500 dollari. Cristobal Cabello, Juan José Monsalve e Andres Roi Eggers, ecco i loro nomi, hanno raccontato a vari giornali e tv che l’idea è venuta a quest’ultimo dei sopracitati dopo aver subito alcuni furti. A proposito, sette italiani su dieci hanno dichiarato di averne subito almeno uno. Essendo la bici un bene mobile e non registrato i dati potrebbero essere in difetto come lo sono le denunce dei danneggiati. Inoltre, si stima che ogni anno, nel nostro Paese, spariscano circa 320.000 dei quattro milioni di pezzi circolanti. I prossimi step, hanno spiegato i ragazzi, sono due: raccogliere un altro milione di dollari di finanziamenti per poter produrre mensilmente 300 bici e sviluppare un’applicazione per smartphone che, via Bluetooth, sblocca la bici al posto della chiave. Non ho capito niente, mi faccio due passi.

Giuliano Agnolini
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