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PAUSA-ENERGIA
 
DI TUTTO UN PO' 363 - Vanno al massimo ma come minimo io starei nel mezzo Stampa E-mail

A volte capita di leggere velocemente. E ciò procura brutti scherzi. Ad esempio, leggere velocemente Alla ricerca del tempo perduto o Guerra e Pace è un reato contro la lettura che andrebbe assimilata - come certi vini o persone - con il tempo e in santa pace. Invece, capita che ormai tutto scorra freneticamente con il risultato che le notizie inseguono il lettore e non il contrario, come quando c’era fame di conoscenza senza essere Ulisse e nemmeno bruti.

Penso ai bar della Pianura dove alcuni vecchietti - non proprio abbienti, sì e no con la licenza di quinta elementare ma sicuramente alfabetizzati - si mangiavano riga dopo riga un quotidiano contendendosi la lettura delle pagine. Ho assistito persino a qualche bisticcio, talvolta si scambiava qualche battuta con loro. È passato tanto tempo, e mi sono convinto che a saggezza, logica e cultura basica oggi si mangerebbero un po’ di (neo)saputelli (anche non-neo) presuntuosi. Nulla di male. Peccato che allora, forse per complesso di inferiorità sociale, quei lettori se ne stessero zitti, mentre adesso tutti (o quasi) parlano di tutto, con la pretesa di avere sempre ragione.

Sto divagando e ritorno velocemente all’inizio di queste righe ricordando che pochi giorni fa ho letto velocemente un titolo (di un articolo). Mi trovavo sul web e per un attimo ho pensato che nel Partito Democratico fosse capitato un cataclisma, una di quelle cose che non ti aspetteresti mai (ma che possono, in politica, accadere). Ero di corsa, ma c’era scritto: “Oggi il nostro nemico è il carbone”. La “c” di quest’ultima parola è minuscola ma nel mio corto circuito sinaptico ha assunto il carattere iniziale di Carbone Ernesto, noto esponente della segreteria del Nazareno nonché definito “renziano fino al midollo”.

Da qui, il mio momentaneo sbigottimento prontamente rientrato dopo la lettura dell’articolo e non del solo titolo. Che era esatto e riportava una frase pronunciata da Matteo Renzi - intervenendo ai recenti Stati generali sui cambiamenti climatici - che aggiungeva: “Fra 40-50 anni avremo bisogno di andare ben oltre la lotta a questo combustibile” ma “dobbiamo essere capaci di dire le cose come stanno, cioè che le rinnovabili da sole non bastano” e che “da qui a domani mattina non finiscono né il petrolio né il gas”. Realismo di grana fine.

Inoltre: “Alcune scelte fatte in passato hanno portato paradossalmente a un aumento dell’impiego di carbone”. Sulle scelte passate, e su chi le ha fatte, il presidente del Consiglio è rimasto sul vago. Più esplicita, invece, la replica di Assocarboni (Associazione generale operatori carboni): “Il carbone, grazie alla sua economicità, alla competitività e alla sicurezza energetica che garantisce, è certamente il combustibile privilegiato per accompagnare lo sviluppo delle rinnovabili sulla strada della mitigazione del cambiamento climatico e permettere una crescita economica sostenuta e l’eliminazione della privazione energetica”. E giù una sfilza di dati. “Nel mondo il 42% dell’elettricità - rileva Assocarboni - è prodotta dal carbone. In Europa, è il 28% seguita dal nucleare con un peso del 27%. L’Italia è l’unico Paese in Europa che, pur non facendo ricorso al nucleare, ha la quota di utilizzo più bassa di carbone”.

“L’avanzamento tecnologico e le tecniche di ambientalizzazione delle centrali a carbone - sottolinea la nota - rendono, in Italia, questa fonte di energia una soluzione alternativa ed economicamente vantaggiosa rispetto al gas: le 12 centrali a carbone esistenti nel Paese hanno un livello di efficienza media pari al 40%, con picchi di eccellenza al 46% per Torrevaldaliga Nord, che nel mondo vengono raggiunti solo in Giappone e Danimarca. Per togliere dalla povertà centinaia di milioni di persone occorre perciò utilizzare più carbone, utilizzato con le migliori tecnologie di combustione e più rinnovabili, cosi come oggi fatto dai Paesi più avanzati e non come Usa, Giappone, Cina, India, Turchia, Marocco, Germania e Regno Unito”.

Mettendo assieme tutte le frasi citate, confesso - ma non è la prima volta - di non capire dove stia la verità e non do la colpa alle condizioni del bottone sinaptico. Non è una conclusione confortante ma ormai ci ho fatto l’abitudine. Nell’attesa di sviluppi (vedi Conferenza di Parigi), faccio mia la citazione del premier “Il tempo non è un signore distratto” che a sua volta ha citato il verso di una canzone di Fabrizio De André. Due considerazioni finali. Il brano si intitolava Hotel Supramonte ed evocava il soggiorno forzato patito in Sardegna dal cantautore e dalla consorte ad opera dell’anonima sequestri. Insomma, un’allegria!

Infine, sarà pur vero che il tempo non è un signore distratto ma il problema è un altro. Troppa gente è distratta. Corre troppo, purtroppo.

Giuliano Agnolini
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