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DI TUTTO UN PO' 362 - Con questa perifrasi ci sarà sempre un sacco di energia Stampa E-mail

Spero di non farla troppo grossa avventurandomi in quanto segue. Di solito, i giornalisti tengono un archivio che fa da provvista per elaborare gli articoli. Si tratta di una risorsa irrinunciabile senza la quale la necessità di riempire le pagine - si spera bene, soprattutto per il lettore - risulterebbe assai difficoltosa.

In questi giorni, ho rimesso in ordine (si fa per dire) le mie scartoffie (anche digitali). Essendomi occupato la scorsa settimana della Cristoforetti, la star tra le stelle, stavo per collocare quanto le di lei cronache avevano narrato in una cartelletta denominata “Spazio”. Ne ho una omonima anche per le fotografie dove ci sono le immagini della Luna, della Terra, del Sole e non della metropolitana milanese nelle ore di punta, dirottate nel contenitore chapliniano “tempi moderni”.

Nello spazio della cartella “Spazio” c’erano alcuni ritagli di notizie web abbastanza datati, che nella fretta di archiviare nemmeno titolo, privandomi di ogni riferimento per decifrarne il contenuto. Sono quei file tristi, dimenticati, senza identità alcuna se non la dicitura “Nuovo Documento di Microsoft Word”. Ne ho aperti, allora, pietosamente, un paio ed uno mi ha veramente sorpreso. All’interno, prima del testo, il titolo: “Da rifiuti organici dell’uomo carburante per razzi”. Sfido chiunque a non provare curiosità di fronte a tale annuncio. Dalle prime righe, poi, apprendo qualche dettaglio. Incomincio dalla fine del titolo. I razzi sono spaziali. Il carburante è costituito dal cibo non consumato, dall’imballaggio degli alimenti e dai rifiuti organici umani, ovvero quanto accumulato e non smaltito durante una missione spaziale. Vorrei far notare la delicatezza della perifrasi “rifiuti organici umani” così, ormai, poco organica ad una singola parola abbondantemente sdoganata in tv ed, ancor prima, da generali napoleonici davanti al cannone albionico.

Proseguo la lettura della notizia, ricevendo delucidazioni. L’ipotesi “Da rifiuti organici dell’uomo carburante per razzi” è stata formulata da un gruppo di ricercatori dell’Università della Florida, su richiesta della Nasa. Di fronte a questo nome e al suo blasone, il vettore della mia curiosità si stacca dalla rampa di lancio e non mi fermo più. Leggo che l’agenzia spaziale Usa aveva sollecitato proposte nell’ambito di una missione lunare. In particolare, domandava che cosa fare dei rifiuti umani, che nel caso di missioni molto lunghe non potevano essere riportati nell’atmosfera terrestre. I ricercatori hanno quindi pensato ad opzioni alternative, cercando di scoprire quanto metano è possibile produrre - come sopra accennato - dal cibo non consumato, dall’imballaggio degli alimenti e dalla perifrasi.

E qui mi becco un asteroide di ventitré caratteri tipografici (spazi esclusi). Eccolo: Pratap Pullammanappallil. Per un attimo penso di aver schiacciato inavvertitamente i tasti del computer mentre - tempo fa - stavo leggendo la notizia. Forse ero rimasto allocchito vedendo quella sequenza di sillabe che avrebbe fatto felici i chiacchieroni di ogni sorta, tenendo in forma le loro lingue. Niente di tutto questo. Ma dell’altro, al quale va fatta una premessa in forma di scusa. Questa la rivolgo a Pratap Pullammanappallil, che non intendo assolutamente canzonare. Sì, Pratap (uso solo il primo nome, per comodità) è un eminente docente e navigando in rete se ne parla in abbondanza. Lavora presso l’Università della Florida nell’Agricultural and Biological Engineering Department. Sentiamo che cosa dice a proposito di quanto sopra. “L’idea era verificare se potevamo creare carburante sufficiente per lanciare razzi e non portare dalla Terra tutto il carburante, ed il relativo peso, per il viaggio di ritorno”.

Con il sostegno della Nasa, che ha fornito ai ricercatori campioni impacchettati di rifiuti umani prodotti chimicamente che includevano anche finti rifiuti di cibo, asciugamani, abiti e imballaggi, gli scienziati hanno scoperto che questo processo potrebbe produrre ogni giorno 290 litri di metano per equipaggio. “Può essere prodotto abbastanza metano per tornare indietro dalla Luna”, ha sottolineato Pullammanappallil.

Per i ricercatori, questo procedimento potrebbe essere utilizzato anche sulla Terra e fornire carburante per il riscaldamento, per produrre elettricità o per i trasporti. Io ne sono felice e mi auguro sinceramente che se ne possa fare qualcosa per risolvere i tanti problemi energetici che assillano il Pianeta. Considerando i quantitativi disponibili della perifrasi, acquisterebbe un significato positivo anche la preoccupata espressione “mi trovo nella perifrasi”.

Giuliano Agnolini
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