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DI TUTTO UN PO' 359 - C’è un’Italia che va a ruota libera Stampa E-mail

In questi giorni il Giro d’Italia sta per concludersi. A dire il vero, i giri sono due: quello elettorale dei candidati&C(si vota per le Regionali, 7) e quello ciclistico. Domenica,sicuramente, tagliato il traguardo dopo 21 tappe, la maglia rosa salirà sul gradino più alto del podio. Nell’altra classifica, anche dopo eventuali ballottaggi, invece, è assai probabile che i vincitori siano multipli o che almeno dichiarino di esserlo, com’è consuetudine.

Detto questo, l’Italia delle biciclette pedala alla grande. Se ne sono vendute quasi 1,65 milioni lo scorso anno e il fenomeno ormai è diffusissimo. Sarà perché molti vip (anche della politica) salgono in sella, sarà perché la crisi economica spinge sulle pedivelle del risparmio, o perché il mezzo a due ruote non inquina.

La produzione è aumentata del 2,1%, con 2,73 milioni di unità, trainata sempre dall’export che si è attestato sui 1,77 milioni di pezzi (+1,1%). I dati sono forniti da Confindustria ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo e Accessori) e Politecnico di Milano. Se montare in sella fa bene alla salute e alla mobilità sostenibile, è altrettanto vero che fa bene all’economia. Nel senso che “studi internazionali dimostrano che un euro investito in ciclabilità ne restituisce 4/5 alla collettività intera in meno di tre anni. Un metro di pista ciclabile può costare dai 20 ai 400 euro”. Lo sostengono i vertici dell’ANMCA sottolineando che “In Germania esistono 7 milioni di cicloturisti che spendono mediamente 1.200 euro l’anno generando un fatturato di 9 miliardi di euro. In Francia il fatturato cicloturistico è pari a 2 miliardi; nel nostro Paese, la Provincia autonoma di Trento, calcolando gli introiti cicloturistici, dichiara che con i suoi 400 km e poco più di piste ciclabili dal 2009 genera oltre 100 milioni di euro l’anno di fatturato”.

E ancora, una proiezione dello Studio Ambrosetti ha quantificato in 3,2 miliardi di euro l’anno il fatturato turistico generato dalla realizzazione dei due importantiprogetti di cicloturismo sul tavolo delle istituzioni ormai da molti anni: la rete BiciItalia,per collegare dal Nord al Sud il Paese, e la Pianura Padana VEN.TO Venezia-Torino; costo di realizzazione complessivo sui 2,5 miliardi di euro.

Questi dati mi fanno sudare come se scalassi il Mortirolo (anche con la fantasia o vedendo i corridori in tv). Se, poi, lo faccio ascoltando Bartali di Paolo Conte (dedicato al toscanaccio dal naso triste come una salita) e Coppi di Gino Paoli (dedicato all’omino con le ruote contro tutto il mondo) o rileggendo il Coppi e Bartali di Curzio Malaparte oppure Coppi e il diavolo di Gianni Brera, sono davvero felice e mi commuovo. Penso a mio padre, sui vent’anni, che poco dopo il trionfo del Faustino (Coppi)nella Parigi-Roubaix (1950) acquistò una bicicletta Bianchi da corsa celebrativa e omonima della classica del Nord. Costava una bella cifra, era un gioiello tecnologico. L’evento meritava di essere immortalato e consegnato ai posterinonché, sospetto, alla fidanzata e futura moglie, mia mamma. Infatti, una foto ritrae il giovanotto in una posa che mi ha spesso rallegrato per la sua involontaria e intrinseca comicità. Ovviamente, valutando con gli occhi della modernità;quelli paterni - nella circostanza - guardano verso il futuro con fiducia e non poteva essere altrimenti dopo gli orrori della Guerra. Lui, ritto con una mano posata sul manubrio,in assetto da gara, indossava la maglia bianco-celeste del campionissimo, e nello scatto (fotografico, s’intende) appare una colonnina con capitello simildorico sul quale svetta un vaso ornato di fiori presumo non freschissimi. Come sfondo, sul set, appare un paesaggio agreste-arcadico dalla traballante prospettiva che per nulla evocava ciclisticamente Dolomiti, Pirenei e pavé, men che meno le colline pittate da Giorgione.

Papà, certamente, non si era presentato davanti all’obiettivo dopo una lunga fuga. Sembra fresco di bucato/doccia e la folta chioma alla Ramon Navarro mostra una marmorea e abbacinante plasticità. La capigliatura è talmente impregnata di brillantina solida che avrebbe potuto resistere all’impatto con un tornado o alla discesa a precipizio del Poggio (cfr. Milano-Sanremo). Il tocco in più (rido anche in questo momento) è dettato dall’incrocio della gomma di scorta - detto allora palmer e non tubolare come si chiama oggidì -sopra le spalle, infilata sotto le ascelle. Io,invece, simpatizzerò con il Palmer batterista del mitico trio pop-rock che annoverava anche Emerson e Lake.

Del fotografo ho perso le tracce ma sono certo che con Bartali e Coppi se la stia ridendo, ancora, orgoglioso tuttavia di aver confezionato quell’immagineprofessionale in bianconero, migliore di un selfie.

Mi è giunta voce che nel dopoguerra andare a morose conciato in quel modo così sportivo avesse lo stesso effetto glamour di chi si palesaoggi ad una donnatutto griffato a bordo di una fuoriserie (ma sarà vero?, spero di no!).

Dopo aver scollinato il Passo della Memoria, ritorno alla BicItaliacontemporanea con l’auspicio che si avveri lo scenario cicloturistico sopracitato. Spero tanto che in molti si possano permettere non solo l’acquisto di un bel velocipede ma anche vitto e soggiorno lungo la passeggiata. Insomma, già in passato si sono visti eserciti di neosciatori, di neotennisti, di neomarciatori-podisti anche non competitivi. Erano i tempi di un Paese allegro, con qualche palanca in tasca. Se sarà così anche per la bici, che il boom si perpetui! In tal caso, sono disposto anche a perdonare quello screanzato che, pedalando con la foga di un pistard, mi stava investendo sul marciapiede.

Giuliano Agnolini
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