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Ci mancava solo la smart education Stampa E-mail
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di Roberto Napoli
Politecnico di Torino, dipartimento Energia



Da qualche tempo l’Università sembra fuori dalle luci della prima fila, oscurata dall’agitazione attorno ai temi della scuola pre-universitaria. In questo momentaneo silenzio, orfano di brillanti quanto eclettici brusii, si è conclusa la seconda tornata delle valutazioni nazionali, tramite le quali vengono conferite le idoneità a professore associato e a professore ordinario. Le idoneità sono a numero aperto. Ad ogni tornata si abbassa qualche asticella. La massa di idonei cresce quindi velocemente.
Essere idoneo non significa ottenere il cambio di qualifica e l’avanzamento di carriera. Per chiamare in cattedra un idoneo, un Ateneo deve fare un concorso locale, mettendo a disposizione i punti organico (alias i soldi reali). E siccome di soldi ce ne sono sempre assai pochi, il rapporto fra idonei e posti effettivi supera 5 a 1. È stato trovato il modo migliore per creare una massa di scontenti e frustrati.
Oltre tutto l’idoneità è a tempo: scade dopo qualche anno. Che questa scadenza sia effettiva sono in pochi a crederlo. Per tradizione ben collaudata, quando si approssima la scadenza, arriva sempre qualche benevola resipiscenza che la rimanda: ma il problema rimane.



Le sistemazioni in ruolo dovrebbero essere previste nei piani strategici triennali di Ateneo, obbligatori per legge. Il termine strategico evoca baldanzose prospettive. La lettura dei piani strategici dei vari Atenei è certamente istruttiva e interessante, anche se in un semplice ingegnere può provocare sensazioni di sconfortante inadeguatezza di fronte al superbo ed elegante inanellarsi di concetti di alto valore sociale e filosofico e al profluvio immaginifico di parole.
Vi si trovano concetti audaci e profondi, come la necessità di restituire la ricerca, l’innovazione e la formazione al tessuto economico e sociale attraverso un modello condiviso e corale, che trae linfa dal contesto e la restituisce attraverso politiche di inclusione attraverso una pluralità di strumenti come formazione continua, trasferimento tecnologico, integrazione urbana, qualità sociale. Si rimane fulminati dall’apprendere che sapere e saperi sono in grado non solo di orientarci per il futuro, ma di orientare il futuro stesso. Mancava la smart education: se ne sentiva la mancanza, ma finalmente è anch’essa comparsa sulla scena. Abbondano obiettivi ambiziosissimi. Siccome ormai proliferano indicatori numerici, ogni Ateneo proclama l’intenzione di migliorare i valori dell’ultimo triennio.
Insomma, tre quarti dei piani strategici sono un trionfo di retorica parolaia e di banalità burocratiche. Il vero succo sta nella prosaica programmazione delle risorse e delle spese. Qui le cose diventano più sfumate. [...]

©nuovaenergia

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