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INFO@COMUNI - Meglio se le cassette in polistirolo diventano biodegradabili Stampa E-mail











30 marzo 2015 | INFO@COMUNI | NUOVA ENERGIA | Ogni anno nel settore ittico italiano ne circolano 10 milioni. Nelle Marche i primi involucri realizzati con un polimero ecologico interamente riciclabile. Attualmente il prezzo del prodotto è elevato ma sono innegabili i vantaggi per l’ambiente.


È un materiale assai diffuso. Impiegato in edilizia come isolante, nell’imballaggio come protettore del contenuto e sotto forma di cassetta. Il polistirolo si presenta così, gradito negli impieghi per le sue caratteristiche termo-fonoassorbenti e, soprattutto, per la leggerezza. Purtroppo, ha un limite e non da poco. In circolazione ce n’è una montagna, e quando non serve più che fine fa? Basta un dato, ad esempio: ogni anno nel settore ittico italiano circolano 10 milioni di cassette di polistirolo.
Ma l’innovazione ha pescato una soluzione alternativa al conferimento in discarica. Infatti, nelle Marche, una cooperativa di San Benedetto del Tronto che commercializza prodotti ittici ha incominciato ad utilizzare un primo stock di involucri realizzati in materiale completamente biodegradabile che - grazie ad un progetto finanziato dal Fondo europeo per la pesca 2007-2013 - è risultato vincente tra 180 soluzioni proposte. Si tratta di un polimero ecologico che attualmente ha un costo decisamente superiore al polistirolo tradizionale ma che presenta innegabili vantaggi sotto il profilo ambientale. Basta calcolare i costi per il conferimento in discarica e quelli per il loro smaltimento a fronte dei benefici generati dal riciclo.
Tanto per rimanere in tema marino, attraversiamo l’oceano Atlantico per scoprire che i ricercatori dell’Università statunitense di Perdue, nell’Indiana, hanno trovato il modo per ri-utilizzare il polistirolo usato negli imballaggi (sono quei piccoli pezzi chiamati patatine) di cui negli USA viene riciclato solo il 10 per cento. Senza scendere in dettagli troppo tecnici, nei laboratori il polistirolo è stato convertito in micro fogli e nanoparticelle diventati anodi per le batterie al litio ricaricabili. Troppo complicato? Allora, guardiamo al risultato del test. Funzionano benissimo, meglio degli altri materiali fino ad oggi impiegati. Tra due anni è prevista la commercializzazione della scoperta.
Morale della favola? Quando l’innovazione si mette di buzzo buono… l’ambiente ci guadagna.


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