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Gli effetti dei cambiamenti climatici si combattono con l’adattamento Stampa E-mail
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di Elio Smedile


Vorrei riprendere alcune considerazioni svolte nel numero 2|2014 di Nuova Energia circa la necessità di porre al centro delle azioni di contrasto al cambiamento climatico la resilienza agli shock climatici. Mi soffermerò in particolare sull’adattamento ai cambiamenti climatici quale strumento prioritario nelle politiche ambientali delle aree critiche del nostro Pianeta.
Mi sembra tuttavia opportuno anzitutto richiamare la drammaticità delle conclusioni del V Rapporto IPCC presentate a Copenhagen nello scorcio dell’anno appena trascorso.

Il riscaldamento del sistema climatico è inequivocabile, molti dei cambiamenti osservati sono senza precedenti su scale temporali che variano da decenni a millenni. L’atmosfera e gli oceani si sono riscaldati, le quantità di neve e ghiaccio si sono ridotte, il livello del mare si è alzato e le concentrazioni di gas serra sono aumentate.


Di converso, dalle citate conclusioni emergono anche prospettive per certi versi più rassicuranti.


Tuttavia sono disponibili opzioni per l’adattamento ai cambiamenti climatici e l’attuazione di stringenti attività di mitigazione in grado di assicurare che gli impatti del cambiamento climatico rimangano all’interno di un range (opportunamente) controllabile.


Il secondo capoverso richiama quindi la tradizionale strategia d’azione fondata su due tipologie complementari: la mitigazione che agisce sulle cause del cambiamento climatico e l’adattamento che agisce sugli effetti. Dal primo capoverso emerge invece il sostanziale fallimento degli obiettivi delle azioni di mitigazione e la conseguente pratica impossibilità di ridurre significativamente il carico di gas serra nei limiti fissati dai Protocolli internazionali.
Credo che nelle nostre società avanzate occorrerà molto tempo per ridurre o eliminare l’utilizzo dei combustibili fossili e che comunque sarà difficile mutare un modello di vita fondato sull’uso dei combustibili tradizionali. D’altro canto va tenuta in conto la pressione che prevedibilmente in futuro eserciteranno i milioni (o miliardi) di persone del Pianeta povero che aspirano a raggiungere la nostra qualità di vita e conseguentemente la nostra tipologia di consumi.[...]

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