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All’Origine delle specie c’è la bellezza dell’osservare Stampa E-mail

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di Yves Gaspar | Università Cattolica di Brescia, Università di Cambridge



Le nuvole scorrevano veloci e finalmente alcuni varchi aprivano il passaggio ai raggi solari. Era anche giunta l’ora dell’incontro con lo scienziato inglese in un pub, nell’ondulata campagna del Sussex.
Era già seduto, vicino al camino, una mezza pinta nella destra e il bastone appoggiato al muro. Sorridendo con uno sguardo che comunicava simpatia e tranquillità mi diede il benvenuto. Charles Darwin chiese se desideravo qualche cosa, e dopo questo consueto rituale iniziò la conversazione al tavolino dicendo: “Allora, è vero che faccio così tanta paura?”.
Mah, direi proprio di no! La grande barba bianca, il grande cappello scuro, il lungo mantello: se permette, ha l’aria di un anziano saggio, d’un nonno dolce e simpatico che avrebbe tanto da trasmettere ai suoi nipoti…

Darwin. Quello che avevo da dire, l’ho già detto, e addirittura l’ho scritto, e da tanto tempo. Proprio ciò che ho scritto fa paura.

Ne intuisco i motivi. Oggi, 155 anni dopo la pubblicazione de L’origine delle specie, le sue tesi suscitano irritazione o perplessità: spaventerebbe semplicemente perché quanto sostenete sembra molto convincente. A non pochi può dare fastidio un libro così ricco di argomenti chiari che mettono in dubbio molte credenze e modi di pensare dell’umanità. Non parlo unicamente di religione, ma anche dell’immagine artificiale, convenzionale e fortemente sociale che l’uomo ha creata di se stesso.

Darwin. Ha ragione. Devo dire che sono tutt’ora credente anche se, effettivamente, mi sono comportato da rivoluzionario. Tuttavia, senza l’intento di distruggere le fedi, ma di trasmettere la verità, che ho raggiunto con un metodo ben definito, in base al quale l’osservazione dovrebbe essere il punto di partenza. Mi sono scaricato di pregiudizi e di a priori, capisce? Credo che metta a disagio sia il risultato delle mie ricerche sia il metodo stesso, che comporta l’attenta osservazione, il pensare libero e autonomo e cosi via… Una società fortemente autoriferita, artificiale e convenzionale corre grandi rischi, solo per il fatto che viene a mancare la prima fase del metodo: l’osservazione del mondo reale in cui è immersa. [...]

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