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DI TUTTO UN PO' 337 - Piedi o zoccoli: il futuro è in movimento Stampa E-mail

Capitano tutte a me!!! Ho incontrato due persone, assai diverse per età e interessi. Il contesto era conviviale ma nel primo caso trattavasi di una cena padana nella quale ho atteso un’ora e mezzo per consumare un risotto; nel frattempo ho mangiato due panini (solitamente, all’ora in cui è stato recapitato il piatto dormo). Nel secondo, trattavasi di uno sbrigativo aperitivo milanese sorseggiato con un’amica che credo abbia sostituito il pranzo con una nutriente acqua gassata (io mi sono concesso qualcosa di alcolico integrato da un cestino di sapide patatine che senza pudore ho sgranocchiato famelicamente saltando il pasto e lasciando a bocca asciutta e di sale l’ospite).

Il resoconto delle due avventure mi fa pensare ai tanti volti dell’Italia. Durante la cena delle beffe - poiché il cameriere annunciava ogni dieci minuti l’arrivo del riso(tto), ma credo che in cucina lo stessero mondando amorevolmente prima di buttarlo in pentola - ho avuto modo di chiacchierare con un ragazzo diciassettenne che ragiona… con i piedi ma non è sicuramente uno stupido. Infatti, studia con profitto ma è un ottimo calciatore e, mi dicono, talentuoso regista nella squadra giovanile di una storica società. E qui viene il bello. Lui, mamma e papà (entrambi benestanti) scommettono su di un futuro ricco di soddisfazioni e meno alienante (eufemismo) rispetto a quello attualmente riservato alle attuali giovani generazioni. Non che stia per esplodere un altro Maradona o un altro Messi. Il ragazzo - alquanto determinato (in metafora, è duplicemente dotato della sfera con cui gioca) ha ben altro obiettivo (supportato dai genitori che lo scorrazzano la domenica per mezza Italia quando c’è la partita): prendere il più presto possibile il patentino di allenatore, accontentandosi di farlo anche in serie semiprofessionistiche. In famiglia sono convinti (e lo sono anch’io) che guadagnerà assai più dei laureati all’opera nei call center.

Veniamo all’aperitivo con l’amica. Durante l’incontro, la vedo ogni tanto con il marito, si parla come al solito del più e del meno. Visto come se la passa il Paese, il meno monopolizza la conversazione. Si parla di tasse e spese sempre più gravose a fronte di fatturati dimagriti. In questi momenti, chissà perché, intimamente mi parte in sottofondo una musica formato Stabat Mater (uno qualsiasi) e mi intristisco. La cara signora, per testimoniare quanto sia depresso lo stile di vita, dichiara che la loro auto risale al 2004 e non è proprio il momento per acquistarne una nuova. Effettivamente, un decennio appare periodo assai lungo rispetto ai tempi in cui si sostituiva una vettura con frequenze quasi frenetiche.

Come per lo Stabat Mater, mi assale un attacco emotivo (che strano, forse parlando d’auto, c’entra l’e-motiv?) e torna alla memoria lo zio ortolano e la sua cavalla Gianna che scalpitò per una carrettata di anni trainando carrette di verdura. Il nodo alla gola diventava più stretto e nemmeno una raffica di ouverture rossiniane - chiamate in soccorso - mi ha risollevato l’umore. Anzi, per un attimo, ho visto un Paese con vetture in circolazione vecchie e bolse. Eppure, visto che i cavalli durano più delle auto, si potrebbe tornare non alla trazione posteriore, anteriore o integrale ma a quella zoccolata. In fin dei conti, potrebbe essere una bella idea. A Troia funzionò.

Giuliano Agnolini
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