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INFO@COMUNI - Biomasse, non c’è guerra tra coltivazioni energetiche e alimentari Stampa E-mail

28 novembre 2014 - INFO@COMUNI | NUOVA ENERGIA - Questo il messaggio chiaro emerso in un workshop tenutosi durante la manifestazione bolognese Eima Energy. Senza garantire un supporto adeguato alle imprese non si può pensare di invertire la tendenza all’abbandono dei terreni agricoli o di procedere al recupero e al ripristino dei territori.


Di battaglie vere, purtroppo, ce ne sono già tante. Non è poi male se si possono evitare quelle inutili… che non mancano nemmeno nel settore dell’energia. Citiamo una guerra che è auspicabile si concluda con pace duratura: quella che si combattuta e si combatte tra le coltivazioni a scopo energetico e alimentare. Ebbene, almeno in Italia, non c’è alcuna concorrenza tra le due presunte contendenti.
È questo uno dei messaggi lanciati durante l’ultima edizione di Eima Energy che si è conclusa nei giorni scorsi. La rassegna bolognese, tra le più prestigiose del settore, ha ribadito questa convinzione durante il workshop dal titolo Biomasse e territorio: esperienze Made in Italy per i nuovi mercati internazionali, promosso da FederUnacoma (Federazione nazionale Costruttori Macchine per l’Agricoltura), Itabia (Italian Biomass Association) e dal periodico Nuova Energia.
Sentiamo alcuni pareri. “A volte si sente parlare delle colture energetiche in termini di minaccia per il comparto primario italiano e per le sue specificità - ha dichiarato Vito Pignatelli, presidente Itabia - ma è un’obiezione che ha poco senso. Oggi non più dell’1-1,5 per cento della superficie agricola nazionale è dedicato alle bioenergie. Di contro, negli ultimi 40 anni sono stati abbandonati 5 milioni di ettari di terreno coltivabile e molte di queste aree sono tornate ad essere boschive. Le ragioni? Fatto 100 il valore totale della produzione agricola, il margine effettivo che resta all’agricoltore è pari all’1,8 per cento. Senza garantire un reddito adeguato alle imprese agricole non si può pensare di invertire la tendenza all’abbandono e, ancor più, di procedere al recupero e al ripristino dei territori”.
Sofia Mannelli, presidente Associazione Chimica Verde Bionet ha aggiunto: “Continuare ad affermare che le imprese agricole devono fare solo food è pura demagogia; è una contraddizione in termini culturali e di principio. Un tempo, infatti, le aziende agricole erano spesso una realtà pressoché autosufficiente e producevano in casa, oltre all’alimentazione, fibre, prodotti energetici (per il riscaldamento), oggetti di uso comune”.
Ancora un parere, quello di Marco Pezzaglia, direttore CIB - Consorzio Italiano Biogas: “Occorre sfatare un luogo comune: le aziende agricole che hanno creduto nel biometano non hanno smesso di fare il loro mestiere, non hanno smesso di coltivare prodotti di qualità. La storiella che l’incentivo bastava a convertire l’agricoltore in mero produttore di kWh si è dimostrata non vera”.
Chiude questa vetrina di opinioni Raffaele Spinelli del CNR-Invalsa: “In tutta Europa si sta generando una elevatissima domanda di biomassa e questo può preoccupare qualcuno. In realtà va detto che questa domanda è ancora oggi supportata da un’enorme quantità di materia prima inutilizzata. Pensiamo ad esempio alle risorse forestali: ad eccezione della Finlandia e della Svezia nessuno dei Paesi europei sfrutta più del 50 per cento della crescita annuale dei boschi”.
Insomma, non è il caso di bruciare le opportunità offerte da un utilizzo razionale e sostenibile delle biomasse. Meglio impugnare le armi del buon senso, con buona pace degli scettici e dei loro pregiudizi.


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