COOKIE
 
PAUSA-ENERGIA
 
DI TUTTO UN PO' 331 - La campagna fa bene alla salute Stampa E-mail

Non è più la campagna di una volta. Oltre a quella elettorale, anche la tradizionale si stenta a riconoscere. Verso la metà del secolo scorso, da piccolo, ero un nativo digitale nel senso che con le dita e, quindi, con le mani me la cavavo nella mungitura e non c’era in vista la possibilità di utilizzarle sulla tastiera di un pc et similia. L’Italia era un Paese rurale e non bisognava - come capita oggi - portare un bambino a contatto con la mucca per spiegargli che il latte viene prodotto da un quadrupede mammellato e non dal tetrapak.

Poi, il cosiddetto progresso s’è mangiato quasi tutti i campi (contadini compresi) e mangiamo tante schifezze provenienti da tutto il mondo. Sarà importante una legge di stabilità ma c’è qualcosa di traballante (nella logica) quando vedo al supermercato una testa d’aglio proveniente dal Cile. Sospetto che in Italia i vampiri siano milioni, che i costi di produzione a molte migliaia di chilometri siano convenienti, notando che nessuno fa un sit-in di protesta calcolando che il trasporto transoceanico non avviene senza emissioni climalteranti.

Sarà mercato globale ma stranamente tornano in voga i mercatini a chilometro (quasi) zero. Evviva, inoltre, la biodiversità. Nel frattempo, capita anche che frutteti e coltivazioni varie chiudano i battenti/recinti, lasciando marcire il tutto la cui vendita non copre i costi di produzione.

Posso garantire che un contadino, oggi, dalle mani callose e straordinariamente bravo nel suo lavoro, se fallisse (aziendalmente) troverebbe alcune difficoltà nel riciclarsi nei settori più innovativi della smartsocietà. Peccato. Ma in questa valle di lacrime (non quelle della signora Fornero), non bisogna piangersi addosso ed, ecco, come per miracolo, spuntare una chance per la nostra agricoltura. Almeno potrebbe essere tale a detta di una nota associazione che è scesa in campo con un’ipotesi che sottende anche un auspicio.

Pressappoco le cose stanno così. Nel Nostro Paese abbondano campi incolti e serre vuote. Colpa della crisi. Si potrebbe rimediare sostituendo le coltivazioni defunte con virgulti di cannabis. A questo punto, va precisato che si tratterebbe di coltivare erba ad uso terapeutico, per l’industria farmaceutica. Meglio coltivarla che importarla e, inoltre, potrebbe rendere 1,4 miliardi. Non proprio fumo negli occhi per le aspettative di rilancio della nazione.

Tuttavia, la coltivazione della marijuana potrebbe creare qualche problema, non solo agli armenti qualora la brucassero o a qualche viandante disattento alla riscoperta di sapori naturali. Infatti, visto quant’è appetita, si porrebbe un problema di sorveglianza con conseguente militarizzazione del territorio. Evenienza alquanto osteggiata quando si parlava di nucleare e si parla di mettere, per motivi di sicurezza, qualche camionetta dell’Esercito nei crocicchi delle città.

In ogni caso, ne trarrebbe beneficio la nostra bilancia commerciale che per il prodotto in questione - ritenuto a suo modo terapeutico, indipendentemente dal segmento farmaceutico - si approvvigiona abbondantemente all’estero. Non è da escludere che ci sia qualche problema ambientale dovuto all’effetto serra riscaldata. Infine, si potrebbero aprire scenari e paesaggi fino ad ora sconosciuti con una liberalizzazione del consumo e della coltivazione. Se ne discute da tempo. Comunque vada, si spera che non tutta l’agricoltura vada in fumo.

Giuliano Agnolini
Questo indirizzo di e-mail è protetto dal spam bots, deve abilitare Javascript per vederlo



Torna all'archivio 2014

 
© 2005 – 2024 www.nuova-energia.com