Rifiuti e fondamentalismo ecologico |
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di Giuseppe Gatti
Si scrive CIP 6, si legge termovalorizzatori. La grande polemica sollevata a partire dalla Finanziaria 2007, con una totale distorsione della storia e della realtà sugli impianti alimentati da fonti assimilate alle rinnovabili e ammesse al regime del CIP 6 e con una massiccia campagna di disinformazione, ha in realtà un obiettivo non dichiarato, ma di tutta evidenza per chi sappia guardare alla sostanza, senza farsi ingannare dalle apparenze e questo obiettivo è bloccare la realizzazione dei nuovi impianti di smaltimento rifiuti con produzione di energia elettrica.
"QUANDO I VERDI
CHIEDONO DI NON CONCEDERE PIÚ IL CIP 6 AD IMPIANTI DA FONTI ASSIMILATE
COLPISCONO SOLTANTO I TERMOVALORIZZATORI
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Quando i Verdi chiedono di non concedere più il CIP 6 ad impianti da fonti assimilate, anche se già autorizzati, e con facile demagogia additano come uno scandalo l’applicazione del CIP 6 agli impianti di cogenerazione e a quelli che utilizzano i residui della raffinazione petrolifera, colpiscono soltanto i termovalorizzatori. Infatti, ed è quanto non si dice, impianti da fonti assimilate sono stati ammessi al CIP 6 soltanto nel 1993, in un contesto di sistema elettrico lontano ormai anni luce da quello attuale e dal gennaio 1997 nessun impianto, né da assimilate né da rinnovabili è più entrato in CIP 6, dal momento che le graduatorie relative non sono più state compilate. Sono quindi dieci anni che l ’accesso al CIP 6 è interdetto e non si comprenderebbe quindi tanto impegno nell’azzerare un meccanismo che prosegue solo per inerzia sugli impegni assunti in passato e che sta andando ad esaurimento, ma che non genera nuovi impegni e nuovi costi, se non si tenesse presente che c’è un’unica eccezione e c’è una sola tipologia di impianti che può ancora accedere al CIP 6.
La legge 481/1995, quella istitutiva dell’Autorità per l’energia elettrica e per il gas, dispone infatti che gli impianti previsti da ordinanze dei Commissari per l’emergenza rifiuti siano automaticamente ammessi ai benefici del CIP 6. A questi soli impianti di conseguenza verrebbe ad applicarsi la nuova disciplina invocata da Pecoraro Scanio, con il risultato di aggravare la già difficile situazione dello smaltimento dei rifiuti, aumentandone i costi e soprattutto rendendone meno efficiente il ciclo. In assenza di incentivi infatti non sarebbe più conveniente utilizzare i rifiuti come combustibile per produrre energia elettrica: le tariffe di conferimento sono basate sulla tradizionale consegna alla discarica; già non coprono i costi dell’incenerimento, figuriamoci poi quelli della produzione elettrica. Le discariche però stanno diventando tutte insufficienti e abbiamo ormai un intenso traffico su strada e su ferro per portare i rifiuti in giro per l’Italia e talora all’estero alla ricerca della discarica ancora capiente.
Mentre in tutta Europa il ricorso alla termovalorizzazione si è ormai affermato come la risposta al problema rifiuti (in Francia e in Scandinavia questo tipo di smaltimento copre oltre l’85% del trattamento dei rifiuti) in Italia per vie oblique si cerca di bloccare la soluzione più efficiente finora disponibile, senza oltretutto indicare alcuna alternativa. Sul terreno della teoria economica l’alternativa c’è ed è sempre la termovalorizzazione, con una tariffa di conferimento dei rifiuti assai più elevata. I costi per la collettività rimangono gli stessi, vengano pagati con il CIP 6 o con la tariffa e quindi, una volta chiarito questo punto e denunciata la mistificazione di far credere che non ammettendo al CIP 6 la produzione di energia elettrica da rifiuti per la collettività ci sia un costo inferiore, si potrebbe benissimo imboccare questa strada. Niente CIP 6 e tariffe più elevate. Nella realtà ci si deve confrontare con un settore in cui l’illegalità è a dir poco diffusa e il tentativo di evadere i costi dominante, con il fenomeno delle discariche abusive che, soprattutto nel Meridione, rappresenta una vera piaga sociale.
Un sensibile aumento delle tariffe per lo smaltimento verrebbe allora a rappresentare un ulteriore incentivo all’abusivismo, e per contenere questo aumento si ripiegherebbe sul solo incenerimento (sindrome Nimby – not in my back yard – e sindrome Seveso permettendo), perdendo l’opportunità di produrre oltre un TWh di energia elettrica da fonte diversa dal gas. Aiuterebbe tutto ciò lo sviluppo delle rinnovabili? L’interrogativo è retorico, perché è di tutta evidenza che non si farebbe un MW di eolico in più se non si desse il CIP 6 ai termovalorizzatori, ma disvela l’ipocrisia di chi si nasconde dietro il fondamentalismo ecologista per condurre una battaglia luddista contro lo sviluppo tecnologico di un settore tra i più tradizionali e in Italia tra i più arretrati, qual è appunto quello dei rifiuti.
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