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Besseghini: “Una ricerca che pensa al Sistema Paese” Stampa E-mail
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INTERVISTA AL PRESIDENTE E AMMINISTRATORE DELEGATO DI RSE


di Davide Canevari

             
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Nuova Energia met Stefano Besseghini, RSE CEO and chairman, to take stock of future prospects in energy-targeted research, an area where many of the technologies in place are, so to speak, rather conventional (including renewables).
Yet, Besseghini himself does not rule out any booming surprise. “No one today would confidently rule out a priori any possibility that the coming years may bring about some revolutionary technological breakthrough. Our world is so complex, intertwined, interdependent that one cannot just rely on linear thinking”.
And yet, some promises seem to have already been broken in the past, such as nuclear fusion or CCS. “As for the first - he says - it is a big research endeavor and, as such, it can have huge and wide-ranging effects anyway; it already has, actually, for example, in the field of materials or superconductivity. I would dare say, therefore, that even if we may never achieve fusion, that is certainly not a good reason to think our efforts in that research area have gone to waste. We could achieve meaningful technological milestones anyhow”.
As for the diminished hype surrounding carbon capture & sequestration, that is not the point. “Too much was being expected from CCS technology, too soon. It is truly a pity that the foot was taken off the accelerator”.
Some special thoughts are devoted to the Italian situation, about which Besseghini wants to deliver a strong message: “Research cannot be done for its own sake, and be considered valuable for the mere fact it is carried out. First and foremost, research must serve a strong, dynamic industrial system. The real challenge is never stop asking who it is done for (or who it could be useful to). Which is why it is vital that we have a strong country, in terms of its entrepreneurial and industrial fabric, and is also the reason why industrial players should join R&D processes from their early stages”.
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Sul numero 3|2014 di Nuova Energia Todd Onderdonk, Senior Energy Advisor di ExxonMobil, parlando di ricerca e innovazione e guardando ai prossimi vent’anni ha dichiarato: “Non aspettiamoci clamorosi salti tecnologici o l’emergere di tecnologie rivoluzionarie. Il vero cambiamento sarà nel combinare in maniera sempre più efficiente soluzioni e tecniche già oggi a nostra disposizione e nella continua evoluzione dei processi”.
Uno spunto di riflessione interessante che giriamo a Stefano Besseghini, amministratore delegato e presidente di RSE
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Dunque, condivide questa affermazione? Il futuro della ricerca - almeno a medio termine - sarà senza grosse sorprese?
**Non proprio. Questo, in estrema sintesi, è il classico approccio schumpeteriano all’innovazione, che vede la stessa come una ricombinazione o riallocazione di tecnologie e applicazioni già esistenti magari mutuate da altri settori tecnologici. Se si parla solo di innovazione in senso stretto, il concetto potrebbe essere anche condivisibile...
Tutto ciò, però, non va in contraddizione con la possibile comparsa di svolte tecnologiche clamorose o rivoluzionarie. Qualsiasi analista della ricerca e innovazione, d’altra parte, concorda sul fatto che molti ambiti stanno conoscendo una crescita esponenziale.
E nessuno - credo - se la sentirebbe di escludere a priori che nei prossimi anni possa, ad esempio, essere scoperto un nuovo materiale in grado di cambiare radicalmente l’attuale prospettiva nel settore dell’accumulo. Il mondo è talmente complesso, interconnesso, interdipendente che non si può ragionare solo in termini di un percorso lineare.
Per questo, soprattutto da parte delle imprese (ma non solo) occorre avere un atteggiamento molto aperto al cambiamento. Cogliere prima degli altri l’opportunità di un salto tecnologico, quando ancora non è uscito dai laboratori, avere un atteggiamento di scouting, può certamente rappresentare un grandissimo valore aggiunto in termini di competitività. Lo scenario che ho delineato, per altro, si è già verificato, anche nel recente passato.


Si sta riferendo a Internet?
**Anche, ma non solo. Pensiamo al silicio. Le prime applicazioni industriali risalgano a 60 anni or sono. Ma in quella fase nessuno poteva anche solo lontanamente immaginare il potere esplosivo del silicio e il cambiamento di paradigma che avrebbe portato nella nostra vita quotidiana.

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A proposito di grandi temi della ricerca, che fine ha fatto la CCS? Fino a un paio di anni fa sembrava essere la svolta nel settore energia e ora nessuno ne parla più...
**Credo che si possa definire la CCS come una tecnologia alla quale è stato chiesto di fare troppo in troppo poco tempo. È miope pensare che una singola tecnologia possa riuscire a rispondere a un problema della portata dei cambiamenti climatici, mettendolo alle corde in tempi così brevi.
Da un punto di vista strettamente tecnologico, infatti, non sembravano esserci ostacoli davvero insormontabili. L’aspetto della sequestration è abbastanza consolidato; più che altro i problemi potevano sorgere in termini di sensibilità pubblica. Sul versante capture ci si è concentrati su tecnologie esistenti e forse si poteva osare di più... Ma, come detto, lo scoglio è stato un altro. È stato davvero un peccato aver tolto il piede dall’acceleratore; la CCS meritava sicuramente maggiore attenzione.

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Passiamo dai grandi temi alla realtà nostrana. Che ruolo può e deve avere la ricerca energetica nel nostro Paese?
**Forse dovremmo chiederci, prima di tutto che ruolo vuole avere il nostro Paese. Trovo davvero distruttiva la posizione di chi sostiene che l’Italia potrebbe vivere e crescere puntando solo su turismo e servizi. È certamente un patrimonio da valorizzare e da sfruttare; per favore, però, non dimentichiamoci di un fatto. Il bello e il buono che tanto si fanno apprezzare anche all’estero sono spesso legati all’antropizzazione, al fatto che si siano create attività economiche, che si siano sviluppate produzioni e ricchezze sul territorio. Non possiamo fare a meno di un sistema industriale e produttivo; non possiamo dimenticarci di essere il secondo attore del manifatturiero in Europa.
E la ricerca - così rispondo alla domanda - deve prima di tutto avere come obiettivo quello di essere al servizio di un sistema industriale forte e dinamico. Altrimenti, non meravigliamoci e non lamentiamoci del fatto che ogni 110 dato da una università italiana a un nostro studente... è un passaporto consegnato. [...]

©nuovaenergia

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