In Italia non si sa mai se un parere, un convincimento, un voto siano destinati a durare più del tempo impiegato ad esprimerli. Ovvero, poco e niente. Sorge allora un sospetto. Che i cambiamenti climatici abbiano influenzato menti e caratteri. Una sorta di meteoropatia a tutto campo con instabilità costante, dove le mezze stagioni scompaiono e quindi le sparate o assomigliano agli uragani o alle soavi brezze marine.

In meno di un mese, si è passati dagli apriscatole, dai processi cliccati, dalle esortazioni periscatologiche alla diplomazia del dialogo spontaneamente offerta ai destinatari, in genere, dei topos precedentemente citati. E chi si ricorda il ping pong tra cinesi e americani, senza scomodare crostate e risotti? E poi si dice che in Italia non ci sia flessibilità (il lavoro non c’entra)? Questa non difetta nemmeno in Parlamento. Prima, alcuni senatori si autosospendono per poi autoriammettersi. Ovvero, la democrazia della (propria) convinzione.

Anche dal cielo piovono conferme sulla variabilità. Ormai bastano poche ore per passare dall’afa ai nubifragi rinfrescanti nonché devastanti. Incertezze, rotte soltanto dalle incombenze fiscali e dall’ascesa del prezzo del petrolio. Per fortuna ci sono i Mondiali di calcio che possono far bene all’umore della nazione. Fanno bene anche al panorama cittadino. Rispetto al 2 giugno, il 15 - dopo la vittoria azzurra in Brasile - Milano mostrava un numero molto maggiore di tricolori sventolanti a balconi e finestre. Ho notato una bandiera di discrete dimensioni garrire al vento, pulitissima e piegata (prima di essere esposta) in dimensioni non superiori ad una stecca di cioccolato. Il che fa pensare che gli spazi domestici dell’espositore fossero ridotti e che l’Italia spesso si (ri)trova nel pallone.

Giuliano Agnolini
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