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a cura di geipeg











Caro Geipeg, ho la sensazione che tu stia trascorrendo un periodo intenso. Non trovi il tempo per dialogare con me/te stesso. Ti ho cercato, senza esito. Forse te ne stai per i fatti tuoi, oppure il lavoro ti prende troppo. Sta di fatto che temevo di derubricare il nostro previsto incontro e far saltare questa rubrica al prossimo numero. Come ben sai, in Italia si rimanda tutto e, almeno in questa circostanza, eccetto noi, nessuno proverebbe turbamento. Mi ero rassegnato ma, poi, quasi fosse un regalo primaverile tiepido, colorato e rasserenante ti sei fatto vivo in modo strano. Conosco la tua essenza burbera al limite della scontrosità. Ma che ci scrivessimo! Che tu mandassi un messaggio! Questo non me l’aspettavo! Non so dove ti trovi. Senza affrancatura, mi è pervenuta una lettera dentro la quale ve ne erano altre e dentro queste altre. Dopo averle aperte tutte, ne ho estratte alcune, che rileggo con te.


Caro presidente del Consiglio, non riesco a tenere il suo passo. Sarà l’età - la vostra - ma mi sento in continuo affanno nel rincorrere i suoi spostamenti e il dinamismo del suo pensiero. Lei, da buon toscano, non le risparmia a nessuno. Non trema nemmeno davanti a Lilli Gruber, Cameron, Camusso, Angela über alles, Obama, Fassina e tanti altri. Da boy scout, quale è stato, sa seguire le tracce giuste e le auguro di non perdersi nelle paludi che tanto critica. Vorrei, cortesemente, che mi facesse pervenire l’indirizzo del suo otorinolaringoiatra che, ritengo, sia di altissima levatura e competenza, garantendole un’invidiabile tenuta vocale. Io, con un fil di voce, vorrei esprimerle molta riconoscenza - a nome di tutti i malinconici - per l’ottimismo a rullo compressore che spiana gli accidentati sentieri della vita. Nel mio caso, alquanto ciclotimico, ho avuto qualche problema di overdose. Mi creda, è molto piacevole ascoltarla e augurandole ogni bene spero che non si avveri la promessa da lei pubblicamente manifestata: “Se fallisco me ne vado”. Se lo fa, santo subito.


Caro presidente di Confindustria, la sede della sua associazione si trova nel romano viale dell’Astronomia. E a questo punto, mi dovrò rivolgere ad un esperto di congiunzioni, zodiaci e costellazioni per capire in che direzione Lei e i suoi iscritti vogliate andare. Mi sembrate dispersi nello Spazio (questa trama va molto di moda al cinema) e se vi consola, non siete i soli. Su di un’altra navetta ci stanno un po’ di sindacati. Siete un bel gruppo - anche se da tempo non viaggiate tutti in formazione compatta (una figura aerea chiamata concertazione) - ma qualcuno pensa che viviate, più o meno, su di un altro pianeta. Dovreste cambiare rotta e schivare altre meteoriti oltre a quelle che vi hanno ammaccato credibilità e consensi. Se permette, caro presidente, posso consigliare a lei - ma l’ho già fatto con la signora che l’ha preceduta nell’incarico - un indirizzo dove un gentile signore di nome Galileo fornisce strumenti atti a visioni di ampio respiro. Sono facili da usare e oggidì esenti da complicanze teologicogiudiziarie. Per usarli basta aprire gli occhi.


Caro chilowatt, mi fai tanta tenerezza per questo tuo destino. Appartieni a tante madri nonostante che l’unità di misura sia certa. Qualunque fonte ti generi, ti becchi spesso e volentieri degli schiaffoni, non per colpa tua ma per colpa della mamma che di volta in volta non incontra le simpatie di chi vorrebbe un figlio perfetto senza curarsi della salute della partoriente. In cuor tuo so che non ti dispiacerebbe, già sta capitando in altri ambiti, che il parco mamme fosse anche ampio. A patto che ti lascino in pace, senza discriminarti troppo. Ora, però, non posso fare a meno di rivolgere un accorato pensiero a tuo fratello chilowattora che patisce a sua volta una sorte ria e forse peggiore della tua. Pensa che il sangue del tuo sangue ogni due mesi si becca direttamente tanti improperi diretti alla prima pagina di una lettera. Lui non produce ma costa e la sua bimestrale identità si commisura con una venale identità in euro. Lui è incolpevole, molte sono le mamme che non lo sono.


A questo punto, non posso fare a meno di pensare che Geipeg ne abbia combinata una delle sue. Forse sta ridacchiando o si è commosso. Forse sta lavorando come un forsennato? Non mi aveva mai scritto. Abituati come eravamo a parlarci, arrabbiarci e riappacificarci, non so se questo sia o sarà un epistolario a senso unico. Mi consolo, parole sono e restano. Però, ascolta caro Geipeg. C’è chi ci mette la faccia, tu almeno dovresti mettere la firma.

 
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