Qualche settimana fa, diciamo circa due, ero in tram. A bordo, la realtà assomiglia molto a quella che si vive in strada. Le persone e i comportamenti sono i medesimi. Cambia solo il movimento, quasi che l’umanità fosse trasportata in una sorta d’arca noetica che conserva una campionatura dell’essere e dell’apparire. Il diluvio non c’è stato, c’è o non ci sarà. Non importa saperlo o volerlo sapere. Lo spettacolo in ogni caso è garantito.

Ad un tratto, durante un tragitto, mentre i miei calzoni lustravano il legno dei sedili, è salito in carrozza un gruppo di donne di varia età, sorridenti e garbatamente vocianti. La garrula comitiva poteva essere reduce da una visita museale, da uno shopping o da un appuntamento politicamente corretto (detto senza ironia, davvero). Non è importante saperlo. Erano almeno una ventina e, all’inizio del loro ingresso, non ho potuto evitare di incrociarle con lo sguardo. Peraltro, mi trovavo vicinissimo alla macchinetta obliteratrice che per una ventina di volte circa risuonò con il suo metallico benvenuto. Mi è caduto l’occhio su un particolare del loro abbigliamento, di cui riporto sintetica campionatura, arrestatasi a quota quattro.

In prima battuta, ho notato un paio di calzoni con disegno mimetico, quello che usano i militari o i cacciatori. Poi, un paio di jeans la cui superficie era quasi inferiore a quella dell’epidermide esposta tra innumerevoli strappi. Seguivano leggings monocromi ovviamente aderenti fino alle caviglie, contrappuntati infine dalla visione di un successivo calzone a sigaretta. V’è da dire che il quadruplo look osservato è utilizzato anche dai maschi italici (se n’è avuta conferma - per il calzone a sigaretta - in un recente incontro a Downing Street). Il che conferma che la moda è un linguaggio universale.

Pensato questo, ho pensato che se il mix energetico italiano fosse ampio ed equilibrato quanto quello che si palesa dalla cintola in giù non ci sarebbe bisogno di Sen, Pen e Putin. Basterebbe il mercato.

Giuliano Agnolini
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