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Europa, dov’è il [vero] mercato dell’energia? Stampa E-mail
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di Giuseppe Gatti



Quando diciassette anni or sono, il 19 dicembre 1992, il Consiglio europeo varò la direttiva 96/92, avviando il processo di liberalizzazione dei sistemi elettrici, fu naturale osservare che il titolo “norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica” indicava assai più un programma e un auspicio che non la realtà. In verità, per l’energia elettrica, di tutto si poteva parlare tranne che di un effettivo “mercato interno”, se non nel senso meramente giuridico-formale dell’espressione, mentre sotto il profilo economico-fattuale eravamo in presenza di tanti mercati nazionali, segmentati e scarsamente correlati tra loro. Questo non solo per la diversità di regimi normativi fortemente diversificati, ma anche per l’architettura fisica delle diverse strutture. Allora di comune (con la sola eccezione dell’Inghilterra) c’erano soltanto una robusta integrazione verticale dell’industria elettrica, un regime di monopolio in tutta la filiera e una proprietà ovunque della mano pubblica.


L’approccio europeo, tutto incentrato sul versante della domanda e sulla disintegrazione della filiera, trascurando gli altri aspetti strutturali (la concentrazione della produzione e la debolezza delle reti) è stato indubbiamente lacunoso, eppure progressivamente sembrava volgere verso la creazione se non ancora di un compiuto mercato europeo, almeno di vasti mercati sovranazionali. In particolare l’Europa continentale, dai Pirenei alla Vistola, sembrava assumere la fisionomia di un unico grande mercato.
Nel 2006 il differenziale di prezzo tra la Borsa francese e quella tedesca (le due piazze che fanno il prezzo in tutta l’Europa centrale) si era ridotto su base annua a 1,74 euro/MWh - a favore del prezzo tedesco - e nella maggior parte dei giorni l’allineamento è stato totale. Il processo di convergenza prosegue sino al 2011, quando a marzo interviene lo tsunami di Fukushima. Il 2011 si chiude con uno spread di 2,16 euro/MWh che sale a 4,02 euro/MWh nel 2012 e a 4,15 euro/MWh nel 2013 (gennaionovembre). Aggiungiamo che nel 2013 in quasi il 25 per cento dei giorni il divario tra Powernext ed EEX è stato superiore a 10 euro/MWh e che nell’ultima settimana di questo novembre ha superato i 20 euro/MWh.


La convergenza, che sembrava prossima ad essere colta, si è insomma allontanata e questo nell’area che pareva più prossima a coglierla. Se poi nello scenario introduciamo l’Italia il risultato dell’integrazione è ancora più deludente. Se guardiamo al differenziale tra PUN e base load EEX (le due misure confrontabili) - MGP (il mercato del giorno prima sulla piattaforma IPEX) negli ultimi 8 anni in media è stato di 23,7 euro/ MWh, cioè praticamente incolmabile, con un minimo di 19,58 euro/MWh nel 2010 e un massimo di 32,91 euro/MWh nel 2007; oggi siamo nuovamente intorno ai 30 euro/MWh. Il processo di formazione di un reale “mercato interno” dell’energia, che ovviamente comporta la formazione di un prezzo sostanzialmente unico, con modeste variazioni intorno a un prezzo centrale, per le diverse Borse elettriche europee, sta clamorosamente fallendo e non sembra che a Bruxelles se ne rendano pienamente conto. [...]



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