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INFO@COMUNI - Gli italiani non riescono a liberarsi degli elettrodomestici Stampa E-mail

20 dicembre 2013 - INFO@COMUNI | NUOVA ENERGIA - Ogni famiglia, dopo averli utilizzati, ne conserva otto in cantina o in garage per un totale di circa 200 milioni di pezzi, quasi un quinto delle apparecchiature elettriche ed elettroniche possedute. Tra i grandi elettrodomestici, al primo posto i condizionatori portatili seguiti da asciugatrici e boiler elettrici. Al vertice dei “piccoli”, le pianole precedono videoregistratori e schermi a tubo catodico.


Casa, dolce casa… Per piccina che tu sia… Che dire, allora, se in cantina, in soffitta o in garage di ogni famiglia italiana ci sono in media otto elettrodomestici? Grandi o piccoli non fa differenza, altrettanto che non siano funzionanti o comunque non utilizzati. Un bel museo, per un totale di circa 200 milioni di pezzi, quasi un quinto delle apparecchiature elettriche ed elettroniche possedute. Andiamo a fare una visitina, con il permesso dei proprietari, sperando di non tabaccare troppa polvere.
Al primo posto, tra i grandi elettrodomestici, si trovano i condizionatori portatili (il 32 per cento non sono più in uso), seguiti da asciugatrici (21 per cento) e da boiler elettrici (16 per cento). Tra i piccoli, invece, spiccano le pianole (48 per cento), seguite dai videoregistratori (43 per cento) e dagli schermi a tubo catodico (38 per cento). Hanno abbandonato la cucina le friggitrici (32 per cento), i macinacaffè (31 per cento) e i tostapane (20 per cento). Sorpresi? Questi i principali risultati del Rapporto di ricerca sulle abitudini di utilizzo e smaltimento delle apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE) da parte dei consumatori italiani commissionato da Ecodom - il primo Consorzio italiano nella gestione dei RAEE - a Ipsos. Se alla sorprese segue la (nostra) curiosità, c’è dell’altro. Eccolo. Ecodom tramite un’indagine Doxa ha voluto fare un po’ di ordine all’interno del fenomeno cercando di capire e spiegarci il motivo per cui le famiglie siano tanto prese dal desiderio di conservare oggetti inutilizzabili o inutilizzati (a parte i sinonimi, il risultato non cambia).
Come è prassi nelle scienze demoscopiche, emergono alcuni profili che tratteggiano gli atteggiamenti più comuni tra le famiglie italiane: al primo posto il filone dei “disinteressati” (circa il 31 per cento del campione), di cui fanno parte anche i pigri e i disinformati, ovvero quelli del “come faccio a liberarmene”, “non saprei a chi rivolgermi”, “la prossima volta me ne libero”. Un trittico che brilla, si fa per dire, di abulia e per il quale è più facile scalare l’Everest senza bombole di ossigeno che fare una capatina all’isola ecologica. Magari, a parziale giustificazione, non sono persone molto informate o, peggio, non fanno molto per non esserlo (questo è un po’ più grave).
Al secondo posto troviamo “i razionali”, ovvero gli accumulatori, gli oculati e gli appassionati del fai-da-te (circa il 29 per cento). Per loro conservare il vecchio elettrodomestico è una scelta “ragionata”, sorretta dal convincimento che “non si sa mai, potrebbero sempre servire”, “meglio uno di scorta, anche se non funziona”, “magari un giorno potrei ripararlo”.
Il terzo filone è costituito dagli “emotivi” (circa il 20 per cento del campione). In quanto tali, prevalgono le motivazioni affettive e separarsi dagli oggetti è come recidere un cordone ombelicale. Pensano che “magari un giorno diventa un pezzo di design” e che “gli apparecchi di una volta non esistono più”. Fra loro, quasi tutti sono over 50. Completano il quadro i “polemici” (circa l’11 per cento), ovvero quelli del “per me è faticoso portarli all’isola ecologica, potrebbero venire a prenderseli”, e i diffidenti (circa il 9 per cento), cioè quelli del “non sono convinto, chissà dove vanno a finire”.
Appreso tutto ciò, bisogna sapere che da un vecchio frigorifero si ottengono fino a 28 chilogrammi di ferro, 6 di plastica e oltre 3 tra rame e alluminio. E se da un solo frigorifero è possibile ricavare circa 40 kg di materie prime seconde, Ecodom nel corso del 2012 ne ha recuperate e reinserite nei processi produttivi ben 62.000 tonnellate: consentendo un risparmio energetico di circa 272.215 Giga Joule. In altre parole, il consumo annuo della popolazione della città di Viterbo (66 mila persone).
Insomma, in casa si nasconde un tesoro che se ne sta lì in gran parte inutilizzato e inutile. Peraltro, con soli 4 kg pro capite annui di RAEE correttamente trattati, l’Italia si colloca oggi appena al 16° posto della graduatoria europea ed è lontanissima dagli obiettivi di raccolta stabiliti dalla nuova direttiva comunitaria sui RAEE, pari a circa 12 kg/abitante annui (il triplo degli attuali) a partire dal 2019. Un po’ strani questi italiani, vero? Come si fa a sopportare una presenza ingombrante?


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