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Alla biomassa serve una spiegazione di massa Stampa E-mail
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di Matteo Monni | vice presidente ITABIA - Italian Biomass Association



Secondo quanto ha dichiarato il ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, in un recente convegno di Confindustria, nel nostro Paese le grandi lobby frenano le riforme, e le corporazioni - ognuna protesa a difendere una certa porzione di interessi - ostacolano il cammino verso i tanti cambiamenti oggi indispensabili e attesi con urgenza.
In questo quadro, il ruolo della politica non è certo quello di constatare e prendere atto della situazione, ma di reagire con gli strumenti di cui dispone per scongiurare situazioni di paralisi, andando oltre le lobby e le corporazioni. Ovviamente le considerazioni del Guardasigilli non riguardano solamente la categoria degli avvocati, ma vanno estese a tutti i soggetti che nei diversi ambiti, con il mantenimento dello status quo, si assicurano notevoli rendite di posizione a scapito del Sistema Paese.


A questo proposito viene subito in mente il dualismo esistente nel settore energetico tra le fonti fossili e le rinnovabili. Su questo fronte il cambiamento in atto è inconfutabile, ma va gestito con la massima attenzione operando dentro una strategia di ampio respiro e traendo forza da una vera determinazione ad andare avanti. Un binomio adatto, per affrontare correttamente la questione, va cercato nella stabilità del quadro politico/normativo di riferimento e nel coinvolgimento della popolazione, oggi entrambi carenti, mentre la sfiducia cresce.
Citando Albert Einstein “i problemi non possono essere risolti usando gli stessi schemi mentali che li hanno generati” e dunque la possibilità di operare una rivoluzione energetica deve necessariamente passare attraverso l’affermazione di un’altrettanto profondo cambiamento culturale, diffuso a tutti i livelli e fondato su nuovi paradigmi.
Deve essere chiaro che l’innovazione e la sostenibilità sono concetti che vanno interpretati e spiegati per bene, altrimenti rischiano di apparire meri slogan vuoti di contenuti. Quando si parla della sostenibilità di impianti alimentati da fonti rinnovabili, in particolare per la bioenergia, non ci si può limitare a considerare i soli aspetti economici (o peggio finanziari), dando per scontati quelli ambientali e trascurando completamente quelli sociali.


Con questa logica si rischia di alimentare il pregiudizio che tanta gente manifesta nei confronti delle diverse realizzazioni impiantistiche, temendo l’assenza di governance e quindi di garanzie. La sciagurata dicotomia tra chi pianifica gli interventi sul territorio e la popolazione che lo abita, sta portando alla radicalizzazione di posizioni difensive sempre più agguerrite da parte dei comitati.
I numerosi “no” alle filiere della bioenergia colpiscono purtroppo in maniera trasversale qualsiasi tipo di iniziativa, piccola o grande che sia, integrata con il territorio o meno. Questo avviene proprio perché manca la consapevolezza di come questi impianti, se fatti nel rispetto dei principi che li hanno ispirati, possano dare un fondamentale contributo non solo a centrare gli obiettivi energetici che ci impone l’Unione europea, ma anche al territorio e al suo tessuto sociale. Serve perciò più comunicazione e migliore informazione per tenere testa a chi, anche per interessi contrastanti, soffia sul fuoco della polemica.
Secondo quanto emerge dall’VIII rapporto dell’Osservatorio Permanente del NIMBY, al termine del 2012 i progetti contestati in Italia hanno raggiunto quota 354; di questi, circa la metà ha interessato impianti a fonti rinnovabili, e più di 100 opposizioni sono state rivolte a impianti a biomasse, seguiti a distanza dalle centrali idroelettriche e dai parchi eolici.
Tale fenomeno, che segna un primato negativo per la bioenergia, rispecchia il trend di sviluppo delle più recenti realizzazioni, trainate in particolare dall’affermarsi delle filiere del biogas e dalle interessanti prospettive del termico da biomasse. La bioenergia, più delle altre rinnovabili, può destare timori e resistenze da parte della popolazione per la confusione indotta dall’ampia varietà dei sistemi (risorse e tecnologie) che la caratterizzano.


Va quindi ben rimarcato che la “biomassa” è suscettibile di molteplici impieghi: alimentari, energetici, chimici, ambientali, territoriali, sociali. Ciascuno di questi usi non è in alternativa agli altri, ma tutti possono essere integrati in un contesto sistemico dove trovano posto:
la molteplicità di opzioni energetiche attuali e potenziali;
la pluralità degli usi extra-energetici;
la protezione e salvaguardia dell’ecosistema;
gli aspetti socio-economici.
Elaborare un progetto al di fuori di questa visione d’insieme, significa sminuire il potenziale complessivo delle biomasse, e generare conflitti e contestazioni a volte anche legittimi. Delle tante critiche mosse all’attivazione delle filiere per la valorizzazione energetica delle biomasse, molte andrebbero riconsiderate. Proponiamo al riguardo cinque spunti di riflessione.


Il vero nemico è la cementificazione
Le colture dedicate incidono in modo limitato sul “consumo” di suolo agricolo, basti pensare che ad oggi queste non superano l’1 per cento della SAU (Superficie Agricola Utilizzata), mentre il vero danno agli ecosistemi e all’economia è dovuto alla cementificazione e all’abbandono del territorio che, negli ultimi 20 anni, hanno sottratto all’agricoltura nazionale circa 5 milioni di ettari (passando da 18 a 13), pari al 28 per cento delle aree coltivate. Si tratta di una perdita di un centinaio di ettari ogni giorno, che equivalgono all’incirca alla superficie di altrettanti campi da calcio.

30 milioni di tonnellate di risorsa (potenzialmente) disponibile
L’uso energetico delle biomasse residuali può far affidamento su ingenti quantitativi di risorse provenienti dal settore agricolo, forestale e dall’agro-industria. Un recente studio di ITABIA ha stimato a livello nazionale una disponibilità potenziale di tali biomasse adatte alla conversione energetica pari a circa 30 milioni di tonnellate annue, corrispondenti a circa 10 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio. La loro valorizzazione come fonte rinnovabile, oltre ad evitare i notevoli costi e le conseguenze ambientali negative di pratiche non corrette di smaltimento, genererebbe ricadute economiche aggiuntive utili al bilancio di molte aziende oggi in difficoltà.

Un Paese ricco… di boschi poveri
La mobilizzazione della risorsa biomassa dovrebbe rientrare in una più ampia politica di programmazione e gestione forestale. Il nostro Paese è ricco di boschi poveri, con circa 10 milioni di ettari di superfici boscate, gran parte delle quali soffre gli effetti dell’incuria che si traducono in dissesto idrogeologico, incendi, diffusione di patologie, eccetera. Ogni anno, tralasciando le perdite in termini di vite umane (!), si spendono miliardi di euro per porre rimedio alle calamità prodotte dall’abbandono dei boschi a se stessi. Secondo quanto emerge dalle Linee guida per la valutazione del dissesto idrogeologico e la sua mitigazione attraverso misure e interventi in campo agricolo e forestale realizzato dai ministeri dell’Ambiente e dell’Agricoltura con il contributo scientifico di AGEA e ISPRA, la filiera legno-energia costituisce uno degli strumenti indicati per risolvere il problema, generando al tempo stesso anche nuova occupazione, stimata in circa 20 mila posti di lavoro, per addetti alla cura dei boschi, alvei fluviali, fasce frangivento, eccetera.

Aspettando la grid parity
Gli incentivi per le FER pesano sui contribuenti, ma lo sviluppo di sistemi tecnologici sempre più maturi e meno costosi sta portando ad un graduale decremento degli aiuti economici, in sintonia con l’auspicato avvicinamento alla grid parity. Tuttavia, non bisogna dimenticare che i sussidi diretti e indiretti a favore delle fonti fossili ammontano a circa 8 miliardi di euro l’anno; si tratta di oneri economici notevoli, ma stranamente se ne parla molto poco.

A chi interessano le emissioni?
Le emissioni in atmosfera, senza entrare nel merito della CO2 evitata (sembra che non interessi più nessuno!), sono un tema sicuramente centrale che viene contemplato sia dalla normativa nazionale e regionale, sia dai criteri per l’attribuzione degli incentivi. Per fare un esempio, inoltre, si fa presente che una moderna centrale di teleriscaldamento al servizio di più utenze, impatta molto meno di tante piccole unità (stufe, caminetti, eccetera) spesso obsolete, con basse rese e prive di sistemi di filtraggio per l’abbattimento dei fumi.
In Italia oggi sono numerose le realizzazioni effettuate nelle aree alpine e comunque del Nord del Paese, ma si registra anche un sensibile aumento di interesse in aree del Centro fino a quelle più fredde del Sud. Un recente studio svolto dalla FIPER ha stimato l’esistenza di circa 800 Comuni non metanizzati che potrebbero trovare conveniente (in termini economici e ambientali) realizzare reti di teleriscaldamento a biomassa o anche favorire la rottamazione e la sostituzione degli impianti termici a GPL e gasolio, presenti nelle singole abitazioni, con caldaie domestiche a legna e pellet ad elevata efficienza e sicurezza.
Per quel che riguarda poi gli impianti di biogas, l’uso dei reflui zootecnici per la loro alimentazione riduce sensibilmente le emissioni di gas serra (in primo luogo metano) rispetto allo spandimento diretto nei campi, incrementando inoltre l’apporto di sostanza organica nei suoli agricoli. La consapevolezza delle opportunità di crescita - sociale e reddituale - offerte dalla valorizzazione delle biomasse attraverso l’attivazione di filiere integrate, e la preoccupazione che un uso distorto delle produzioni vegetali possa minare gli equilibri dell’intero Pianeta, devono essere alla base di qualsiasi intervento pubblico o privato, sia di natura normativa sia imprenditoriale.


ITABIA tutte queste cose le ha volute discutere in occasione del workshop Principi di sostenibilità per l’uso delle biomasse (che si è svolto lo scorso 9 luglio a Roma). A tale evento sono stati apertamente invitati a partecipare tutti i rappresentanti dei comitati che esprimono riserve sulla valorizzazione energetica di questa risorsa, per consentire un confronto sereno e diretto con alcuni tra i più accreditati esperti del settore. Visto il successo dell’iniziativa, si sta provvedendo all’elaborazione degli atti per darne la dovuta diffusione.

 
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