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Gilotti: “È tempo di scelte realistiche e non ideologiche” Stampa E-mail
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di Giuliano Agnolini



Presidente, nella sua recente relazione all’Assemblea generale il quadro che ha delineato non è proprio confortante. Questa domanda solitamente si colloca al termine di un’intervista ma forse è meglio porla all’inizio. Nonostante tutto… c’è spazio per un moderato ottimismo? Un “sì” o un “no”, poi entreremo nel dettaglio.
**Voglio sperare di sì. La fiducia non deve mai venire meno perché altrimenti saremmo destinati a un rapido declino.


Tra le note dolenti, e questa non è l’unica, si colloca il settore della raffinazione. Quale destino per quella italiana?
**La crisi della raffinazione è il riflesso della più ampia crisi economica che ha investito il Paese e dalla quale stentiamo ad uscire. Quanto dissipato in questi anni sarà difficilmente recuperato nel prossimo decennio. Il reddito disponibile delle famiglie si è molto ridotto, anche per un aumento generalizzato della tassazione, in particolare sui carburanti, che ha causato un consistente calo dei consumi. Nel solo 2012 abbiamo perso oltre 3 miliardi di litri. La situazione appare molto più grave in autostrada, dove il calo in due anni è stato addirittura a due cifre (meno 25 per cento). Oggi in Italia abbiamo un eccesso di capacità di raffinazione di 20-30 milioni di tonnellate e le esportazioni non riescono più a compensare i minori consumi interni.


Una situazione ormai insostenibile…
**Certamente. È difficile pensare di mantenere gli attuali assetti e continuare ad investire senza la prospettiva di un ritorno economico. La raffinazione ha bisogno di massicci investimenti che le permettano di competere su mercati sempre più asimmetrici dal punto di vista delle regole, soprattutto in campo ambientale. L’Italia è stata in prima fila nel sollecitare una concreta risposta a livello comunitario. Un primo passo potrebbe essere una rapida attuazione del fitness check anziché aspettare oltre un anno per capire quale impatto potrà avere questa o quella norma e poi vedere cosa fare. Per questo serve una politica che si prenda la responsabilità di scelte importanti, forse impopolari, ma realistiche e non ideologiche.



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