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Italia con un futuro da anello debole della catena energetica Stampa E-mail
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di Edgardo Curcio



Nell’ultima Conferenza dell’Opec del 31 maggio l’atmosfera non era molto buona. La caduta della domanda di petrolio in numerosi Paesi e in molte aree geopolitiche importanti, a causa della crisi economica, faceva prevedere che mantenere l’attuale livello di produzione di 30 milioni di barili/giorno poteva provocare cadute del prezzo del greggio finora attestato sui 100 dollari al barile, con alcune variazioni anche al di sotto di questa soglia.
Le conseguenze di un ribasso del prezzo del petrolio, così come apparivano dai segnali dell’economia e del mercato del greggio, potevano infatti portare ad una forte riduzione delle entrate di quasi tutti i Paesi produttori che, in maggioranza, basano la propria economia sui flussi di dollari provenienti dalle esportazioni petrolifere.


Ciò nonostante i Paesi Opec hanno deciso di mantenere inalterato il livello di produzione attuale, sperando in una ripresa della domanda di greggio oggi abbastanza stagnante. Non hanno però fatto i conti con due probabili fattori negativi. Il primo è che la crisi della domanda sta contagiando quasi tutti i Paesi, compresa la Cina, e che le previsioni di una ripresa dei consumi tendono a spostarsi sempre più nel tempo. Il secondo fattore è l’aumento dei volumi di offerte e del numero delle nazioni esportatrici sul mercato petrolifero mondiale.


All’interno dell’Opec l’Iran e l’Iraq, ma anche altri Paesi, hanno infatti necessità di aumentare le loro quote e quindi la produzione, mentre al di fuori del cartello Opec appaiono nuovi soggetti esportatori di greggio, tra cui gli Stati Uniti con lo shale oil e lo shale gas e altre nazioni dell’Africa e dell’Asia che stanno iniziando a vendere sul mercato petrolifero in concorrenza con i Paesi arabi. La rinascita della produzione gaspetrolio negli Stati Uniti è uno degli elementi più rilevanti del panorama energetico attuale e dovrebbe permettere ad un Paese come gli USA, netto importatore di energia, di divenire in breve un Paese esportatore verso l’Europa e l’Asia. [...]



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