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Il gigante, la formica e il Vecchio (Continente) Stampa E-mail
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di Chicco Testa | Presidente Assoelettrica



In un post recentemente pubblicato sul blog di Assoelettrica OnOff (www.assoelettrica. it/blog) la redazione ha raccolto i primi dati sulla produzione mondiale di elettricità. Due cautele: la prima concerne il fatto che sono cifre ancora ufficiose, anche se non c’è da aspettarsi alcun rivolgimento radicale del loro significato; la seconda è relativa all’anno di riferimento, il 2011 (si sa che gli organismi planetari hanno tempi di digestione lunghissimi), ma anche in questo caso è possibile affermare che tra il 2011 e il 2012 su scala mondiale non sono intervenuti mutamenti epocali.
Veniamo dunque alle cifre e proviamo a trarne qualche sensata conclusione.


Cito testualmente dal nostro blog: “La produzione mondiale di energia elettrica nel 2011 ha raggiunto i 22.150 TWh, con un aumento di quasi 700 TWh rispetto all’anno precedente. A formare questo aumento hanno contribuito circa 650 TWh di maggior produzione da fonti fossili (carbone, gas, olio combustibile), una maggior produzione di 50 TWh da idroelettrico, un incremento di 150 TWh nella produzione delle nuove rinnovabili (eolico, solare e biomasse). A questi aumenti va sottratto il netto calo della generazione elettrica da fonte nucleare con una flessione di circa 175 TWh, dovuta in gran parte allo spegnimento di reattori conseguente all’incidente di Fukushima del marzo 2011”.


Questo significa che, mentre in Italia ci si arrovella tra troppo fotovoltaico strapagato, ancora poche rinnovabili di pregio (eolico e biomasse), pochissimi combustibili solidi e molti impianti a gas naturale che faticano a generare benefici per gli investitori e si litiga sull’eventualità di perforare qualche pozzo per approfittare del buon petrolio di casa nostra, nel resto del mondo si brucia tranquillamente ed innocentemente sempre più carbone. E non soltanto esso continua ad essere la fonte primaria maggiormente utilizzata per produrre energia elettrica, ma è anche quella che in valore assoluto è maggiormente cresciuta. Nel 2011, il 41,5 per cento dell’elettricità mondiale è stata generata ricorrendo al carbone; il gas è rimasto fermo al 22 per cento, l’idroelettrico al 16 e il nucleare all’11,5, mentre biomasse ed eolico valgono insieme il 4 per cento e il fotovoltaico, in frenetica ascesa, è finalmente arrivato a superare la soglia del secondo decimale per conquistare uno 0,3 per cento.


Tanto per capirci con un paragone: nel mondo, nel 2011, la produzione elettrica da carbone è stata di 9.200 miliardi di kWh, che equivale a circa 30 volte i consumi elettrici italiani.
Questi paragoni da gigante e formica dovrebbero far riflettere, e non soltanto qui, entro la patrie frontiere, ma in tutta Europa. Il nostro Continente, che definire Vecchio è come dargli molti secoli in meno di quelli che dimostra in questi tempi, si ostina a traguardare il futuro a suon di obiettivi di decarbonizzazione, mentre altrove si bruciano sempre più fossili. Capisco dare il buon esempio, ma nelle strette di una crisi economica micidiale questo atteggiamento rischia di essere quasi masochistico.


Anche, e forse soprattutto, alla luce del radicale cambiamento dei paradigmi energetici al quale stiamo assistendo: negli Stati Uniti si va verso una modifica costituzionale per poter esportare combustibili fossili; la crescita dello shale gas e le nuove attività petrolifere stanno rendendo il secondo consumatore mondiale di energia (il primo è, ormai, la Cina e sappiamo a quali ritmi produce CO2) energeticamente indipendente. Ma in Europa si fa finta che l’Opec non sia entrata nella sua più vistosa crisi da decenni e che tutto fili diritto verso i target fissati nella Road Map al 2050 senza incertezze. Mentre in Germania si costruiscono nuovi impianti a carbone per rimpiazzare i reattori nucleari prossimi alla pensione.


Per carità, non voglio dire che le strategie europee siano sbagliate e che debbano essere riscritte da capo, ma provare a discutere pacatamente su come il mondo sta cambiando fuori dalle antiche mura del Continente potrebbe essere un salutare esercizio.

 
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