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Rinnovabili: i giudici stabiliscono i limiti per gli impianti in zona protetta Stampa E-mail
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di Giovanni Battista Conte | avvocato in Roma




In novembre la Cassazione a sezioni unite ha depositato la sentenza 193/2012 dove, in relazione ad un impianto idroelettrico realizzato nel Parco delle Dolomiti bellunesi, è stato affermato che è proibita la derivazione d’acqua a scopo idroelettrico nelle zone parco, in quanto espressamente vietata dall’art. 11 comma 3 lett. c) della legge 394/1991 (anche detta “Legge quadro sulle aree protette”), a meno che il regolamento del parco non stabilisca una deroga a questo principio. La sentenza citata ha destato un grande scalpore soprattutto perché, in considerazione della sentenza di merito adottata dal Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche e favorevole alla società, l’impianto era stato realizzato nelle more del giudizio per Cassazione.

La materia, comunque, non si è esaurita innanzi alla Suprema Corte, in quanto anche il Consiglio di Stato è tornato ora sull’argomento con la sentenza 176/2013, relativa questa volta ad un impianto fotovoltaico a terra. Con riferimento all’impugnazione di una sentenza del TAR Abruzzo–Pescara, il Consiglio di Stato si è occupato della possibilità di realizzare un impianto di produzione di energia da FER in zona di protezione di una Riserva naturale.

Secondo tale pronuncia, la prevalenza riconosciuta in sede comunitaria e dalla Corte Costituzionale in via generale all’interesse alla promozione delle fonti energetiche rinnovabili e la concreta influenza dell’impianto sull’ambiente circostante sono nel caso di specie irrilevanti. La previsione di un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili, e in particolare un impianto fotovoltaico, progettato nell’area di protezione esterna di una Riserva naturale, cioè in un luogo ove è stata già effettuata la valutazione circa la preminenza dell’interesse alla salvaguardia dell’ambiente rispetto ad altri interessi, come quello alla gestione delle fonti di energia rinnovabile, è insuscettibile di deroga anche in relazione all’eventuale modesto effettivo impatto ambientale delle opere di cui è prevista la realizzazione.

Tanto detto, va osservato che la giurisprudenza richiamata non sembra valutare che anche la produzione di energia da fonte rinnovabile soddisfa, seppur in altro modo, proprio l’interesse alla salvaguardia dell’ambiente. Inoltre, nell’analizzare la disciplina che regola la Riserva naturale di Punta Aderci, il Consiglio di Stato ha ribadito l’interpretazione già accolta dal TAR Abruzzo, secondo la quale la zona agricola di interesse paesaggistico ricadente in fascia di protezione è a tutti gli effetti ricompresa nella Riserva e non ricade in ambito esterno. Pertanto si è affermato che correttamente il TAR ha interpretato le linee guida regionali per l’inserimento degli impianti fotovoltaici, ritenendo sussistere il divieto della loro installazione non solo per le zone C) e D), esterne alle zone di Riserva integrale e generali orientate, ma anche per le zone esterne alle Riserve naturali regionali e nazionali, che comunque ricadono nel loro ambito.

Inoltre, una volta accertato che le linee guida regionali vanno interpretate nel senso che comportano il divieto di installazione di impianti fotovoltaici anche nelle zone esterne alle Riserve naturali regionali e nazionali, è sufficiente tale circostanza a giustificare il diniego di rilascio della autorizzazione, senza necessità di alcuna valutazione specifica del concreto impatto ambientale del costruendo impianto. In pratica la sentenza ha ribadito il principio secondo il quale la norma generale prevede che non sia possibile realizzare impianti di produzione di energia in zona protetta a meno che non vi sia un’apposita norma derogatoria. E tale principio non vale soltanto nelle zone maggiormente protette delle Riserve, ma si estende anche alle fasce di protezione. In realtà in molti casi sono i regolamenti specifici a prevedere la possibilità di realizzare determinati impianti ma, in mancanza di tali previsioni, è ormai chiaro che non si può procedere altrimenti.

Resta da domandarsi se una tale disposizione possa considerarsi in linea con tutte le disposizioni di rango comunitario che considerano la produzione di energia rinnovabile come un valore ambientale da tutelare. Un divieto indifferenziato per tutti gli impianti di questo genere, a prescindere dalla loro ampiezza e caratteristica, lascia francamente perplessi e dovrebbe far riflettere sulla sua conformità alle norme comunitarie di rango superiore. Sul punto la Corte costituzionale è intervenuta più volte ribadendo l’importanza della produzione di energia da fonte rinnovabile e forse potrebbe assumere nuovamente tale indirizzo in un eventuale giudizio di costituzionalità sulle norme in argomento.

 
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