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Geoghegan-Quinn: ‘‘Europa alla ricerca di un’energia sicura e pulita” Stampa E-mail
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di Davide Canevari



“In un clima economico che ha subito cambiamenti molto profondi (dramatically changed) l’Europa ha assolutamente bisogno di una nuova vision nei settori della ricerca e dell’innovazione”. Se – come si diceva un tempo, almeno nei quiz televisivi – la prima risposta è quella che vale, l’esordio di Máire Geoghegan- Quinn (Commissario europeo per la ricerca, l’innovazione e le scienze) non può lasciare dubbi sul momento particolare che anche il settore della R&S sta vivendo. Una fase di profonda evoluzione e di efficientamento.


“Questa vision – prosegue Máire Geoghegan- Quinn – trova riscontro in Horizon 2020, un programma che intende portare uno stimolo diretto alla crescita dell’economia e dell’occupazione. Horizon 2020 vuole consolidare la nostra base scientifica e tecnologica e la nostra competitività industriale; vuole anche raccogliere le sfide globali come la salute e il contrasto ai cambiamenti climatici. Ma, soprattutto, questo programma intende dare un taglio netto agli ostacoli burocratici, facilitando l’accesso ai fondi per i ricercatori e le imprese”
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E in tutto ciò, l’energia…
**Già i programmi di ricerca condotti in questi anni, e a maggior ragione Horizon 2020 che inizierà nel 2014, si sono concentrati sui concetti di energia sicura e pulita. In particolare, abbiamo proposto di destinare 6,5 miliardi di euro al tema secure, clean and efficient energy nell’ambito di Horizon 2020. Molte altre voci di spesa, poi, concorreranno a stimolare la ricerca in campo energetico: penso, ad esempio, ai nuovi materiali.
La road map europea sul clima e sull’energia pone precisi obiettivi al 2050: quelli di un’economia de-carbonizzata. Questa è la direzione chiaramente tracciata, e la ricerca deve fare la sua parte rivolgendo la sua attenzione alle rinnovabili, ma allo stesso tempo anche ad un uso più efficiente delle fonti convenzionali e all’approntamento di misure per la riduzione dei consumi (green building, ma non solo).

             
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Geoghegan-Quinn: “Europe’s quest
for clean and safe energy”


“We need a new vision for european research and innovation in a dramatically changed economic environment. Horizon 2020 – declared to Nuova Energia Máire Geoghegan-Quinn (European Commissioner for Research, Innovation and Science) – will provide direct stimulus to growth and jobs. It will secure our science and technology base and industrial competitiveness for the future, and tackle global challenges such as providing healthcare and fighting climate change. The programme will also radically cut bureaucratic red tape, making it easier for researchers and businesses to take part”.
“The drive in Europe for secure and clean energy is reflected in our current research activity and in Horizon 2020, which will start next year. Indeed, we have proposed spending 6.5 billion euros directly on research into Secure, clean and efficient energy under Horizon 2020. A lot of other spending will also support energy research, for example in new materials or access to finance. Europe’s energy and climate roadmaps set out clearly the direction in which we have to travel to de-carbonise our economies by 2050”.

Concerning the main results obtained in the current 7th Framework Programme on energy research Geoghegan-Quinn declared: “Since 2007, when the seventh framework programme started, we have spent more than 1.7 billion euros on non-nuclear energy technologies. A typical project might receive an eu budget contribution of between 1 million and 10 million euros; so 1.7 billion euros is a lot of projects”.
And what about our competitors? “Europe is home to great science, and we are still seen as research leaders globally. However, our position is at risk. Europe has traditionally benchmarked itself against the United States and Japan. Here we are still spending less on research and development: some 2.0 per cent of our gross domestic product (GDP) compared with around 2.9 per cent in the U.S. and 3.4 per cent in Japan. Some newer competitors, such as South Korea, spend even more. We are lagging behind in public spending, but also in the business sector. Where we need to work harder is creating an environment that will get our great ideas out of labs into the market place where it pays off for our companies to be innovative. this is one of the key objectives of Horizon 2020”.

The future of nuclear energy is another topic, especially after Fukushima. “The choice of whether to use nuclear power remains up to individual countries. What is clear is that we will be living with this technology’s legacy for centuries. If anything therefore there is even more R&D work to be done after Fukushima. For example, harmonisation of safety requirements at european level is strongly supported by all stakeholders”.
Optimistic is the position about electric cars. “The introduction of electric cars in the market – declared Geoghegan-Quinn – is still too recent to draw conclusions. Electric vehicles are already on the market and useful for many applications, including taxis, car sharing, delivery systems and captive fleets. An important step for the years to come is the introduction of plug-in (rechargeable) electric hybrid vehicles which combine the use of conventional fuels with purely electric modes. European research and innovation supports the development of new and advanced technologies to decrease cost and improve autonomy of electric vehicles”.
Europe must also consider smart cities as an opportunity, not just a fashion! “We all know the challenge: European cities account already for over two thirds of our energy consumption and three-quarters of the EU’s total greenhouse gas emissions and they are still growing. We need a special focus here if we want to meet our sustainable energy goals. Last year we launched our first cross-cutting call for projects in this area with a budget of around 365 million euros! Achieving smart cities will remain an underlying aim of many of the initiatives that will be taken under Horizon 2020 in the areas of energy, transport and information and communication technologies. We are also taking forward a European Innovation Partnership on smart cities and communities which is bringing together cities and other stakeholders to identify and remove the barriers to the rapid take up of these new technologies”.

A final look to china. What is the European researchers attitude towards this country? “China has almost 300 participants in projects being funded under the current research framework programme, ranking third among non-EU and non-associated countries, after Russia and the United States. It is clear that we have to work with china to tackle the big issues facing the planet, such as climate action and managing scarce resources”.
“I recently presented – concluded Geoghegan-Quinn – new strategy on international cooperation in research and innovation. Horizon 2020, like the framework programmes before it, will remain open to participation from all countries. What will change however is that funding will no longer be automatically granted to the emerging economies that have seen a sharp rise in their gross domestic product. We will also look again at strengthening safeguards on issues such as respect of intellectual property rights”.

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Quali sono i principali risultati che ha ottenuto il 7° Programma Quadro, attualmente in essere?
** A partire dal 2007, anno in cui è stato inaugurato il Settimo Programma Quadro, abbiamo speso più di 1,7 miliardi di euro nelle tecnologie energetiche non nucleari. Tra le aree prese in considerazione ci sono le fonti rinnovabili, le fuel cell e l’idrogeno, l’efficienza energetica, le smart grid, la CCS. Un tipico progetto di ricerca ha ricevuto un sostegno da parte dell’Unione Europea compreso tra 1 e 10 milioni di euro. Considerato l’ammontare complessivo – quel miliardo e settecento milioni di euro – significa aver dato un supporto concreto a un gran numero di progetti. Senza fare una classifica di merito, ce ne segnala qualcuno particolarmente interessante o curioso?
**Per esempio, un nuovo sistema di sfruttamento delle maree, testato in Norvegia, da abbinare ai piloni di sostegno delle grandi turbine eoliche offshore, così da massimizzare lo sfruttamento della risorsa rinnovabile in mare aperto.
Un altro team di ricerca sta sviluppando biocombustibili derivati dalle alghe; e questo non è certo l’unico progetto sui biofuel di nuova generazione. Nel settore dell’efficienza energetica un progetto finanziato dalla UE ha approntato un Energy Box in grado di permettere al consumatore di programmare gli utilizzi di energia elettrica durante i periodi non di picco, così da risparmiare soldi ed energia.
Una partnership pubblico-privato è stata anche lanciata nel campo dell’idrogeno e delle fuel cell per favorire l’affermazione di queste tecnologie in Europa.


Quali sono i principali competitor dell’Europa nel settore della ricerca? E come è valutata la nostra R&S dalla comunità scientifica mondiale?
**L’Europa è ancora oggi la casa della scienza ad alti livelli, e siamo considerati come i leader della ricerca globale. Detto questo, la nostra posizione è a rischio. Tradizionalmente l’Europa ha sempre preso come termine di paragone gli Stati Uniti e il Giappone. E già questo confronto non ci premia, visto che l’Europa destina alla ricerca e sviluppo circa il 2 per cento del proprio PIL, rispetto al 2,9 degli States e al 3,4 del Giappone.
Ma l’ambito della competizione si è ampliato e ci sono realtà – come nel caso della Corea del Sud – che destinano una quota anche superiore del proprio PIL. Il distacco non si evidenzia solo in termini di spese della componente pubblica, ma anche di quella privata.


Dove l’Europa si dimostra più debole?
**Dobbiamo lavorare di più e più a fondo nella fase di trasferimento, creando un ambiente ideale perché le idee che nascono nei laboratori possano effettivamente approdare sul mercato, dando alle nostre imprese quella marcia in più che solo l’innovazione può assicurare. Questo, chiaramente, è uno degli obiettivi che si pone Horizon 2020.


Come è cambiata, in questi ultimi anni, la direzione della ricerca europea a seguito della crisi economica e finanziaria che ha colpito l’intero Pianeta?
**I budget pubblici sono oggi sotto pressione come non lo sono mai stati in precedenza. Tutti i leader europei hanno sottoscritto l’impegno di una smart consolidation, ovvero hanno promesso di preservare gli investimenti nelle aree ritenute strategiche per la crescita economica, tra le quali certamente c’è anche la ricerca. La realtà dei fatti ci dice, però, che in molte nazioni proprio i fondi destinati alla scienza e alla ricerca sono stati ridimensionati.
Anche a livello di Unione Europea il dibattito sul budget per i prossimi sei-sette anni è stato ed è molto serrato. Ancora una volta il principio di fondo è ben definito: dobbiamo essere ambiziosi pensando ai budget da mettere a disposizione di ricerca e innovazione.


Pensando all’efficienza… qualcosa si può fare anche in termini di spese!
**È vero. Dobbiamo imparare a spendere i soldi messi a disposizione in modo più saggio ed efficiente. È per questa ragione che spingiamo per aumentare il livello di cooperazione cross-border.
Vogliamo davvero creare una European Research Area facendo lavorare assieme i diversi governi ed evitando quelle duplicazioni oggi esistenti che si traducono inevitabilmente in sforzi (e spese) inutili. Nello specifico dell’energia, lo Strategic European Technology Plan fornisce una strategia complessiva proprio sul coordinamento dei fondi comunitari, dei singoli Stati, della componente industriale.


Dopo l’incidente di Fukushima il futuro dell’energia nucleare sembra essere profondamente cambiato. In attesa dei reattori di IV generazione, quali sono i programmi di sviluppo della ricerca a breve e medio termine?
**Va prima di tutto ribadito che la scelta di utilizzare o meno l’energia nucleare all’interno del proprio mix energetico resta di competenza delle singole nazioni. Quello che è chiaro, comunque, è che l’Europa dovrà vivere con il lascito di questa tecnologia per i prossimi secoli. Quindi, a maggior ragione dopo Fukushima, resta ancora parecchio lavoro da fare per la ricerca! Ad esempio, gli stakeholder del settore spingono per una armonizzazione dei requisiti di sicurezza a livello europeo. Proprio alla fine di febbraio è previsto un simposio a Bruxelles per discutere del futuro della ricerca sull’energia nucleare.


Un altro tema caldo è quello dell’auto elettrica. Nonostante gli incentivi e la crescente attenzione – anche mediatica – sulla mobilità elettrica, in giro di vetture alimentate a kWh se ne vedono ancora poche. Per quali ragioni e con quali prospettive?
**È ancora presto per trarre delle conclusioni: l’introduzione delle auto elettriche sul mercato è troppo recente. Comunque, ci sono già oggi delle applicazioni – penso ai taxi, al car sharing, ai sistemi di consegna, alle flotte – in cui l’elettrico sta cominciando ad affermarsi. Penso che un passo importante per la definitiva diffusione di questa tecnologia sia – nei prossimi anni – l’introduzione di una soluzione intermedia, ovvero dei plug-in ibridi in grado di combinare l’uso dei combustibili tradizionali con la modalità elettrica. La ricerca e l’innovazione in Europa stanno lavorando per supportare lo sviluppo di nuove tecnologie avanzate in grado di ridurre i costi e di incrementare l’autonomia dei veicoli elettrici. La stessa commissione ha recentemente presentato una alternative fuel strategy per promuovere gli investimenti in infrastrutture e favorire la diffusione di uno standard comune per i veicoli elettrici.


Smart city: solo una moda passeggera o una reale opportunità?
**Certamente un’opportunità. Abbiamo ben presente la sfida: le città europee sono già oggi responsabili dei due terzi dei consumi energetici dell’Unione e dei tre quarti delle emissioni totali di gas serra. E queste percentuali sono tuttora in crescita. Se vogliamo davvero raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti, dobbiamo concentrare le attenzioni proprio sulle città.
Lo scorso anno abbiamo lanciato la nostra prima cross-cutting call per progetti nell’area smart, con un budget attorno ai 365 milioni di euro. Si tratta di una concreta e tangibile opportunità e di un incentivo perché le imprese e il settore pubblico possano lavorare assieme su questa sfida. Anche nell’ambito di Horizon 2020 le iniziative riguardanti le smart city rimarranno di primaria importanza, nelle aree energia, trasporti e tecnologie dell’informazione. Stiamo, inoltre, portando avanti una European Innovation Partnership sul tema, coinvolgendo direttamente le città e gli stakeholder, al fine di rimuovere le barriere che oggi impediscono una capillare diffusione delle nuove tecnologie.


Parliamo della Cina. Da una parte, guida la crescita della domanda energetica su scala planetaria; dall’altra, sta diventando un competitor sempre più aggressivo anche nelle tecnologie avanzate. Come si pone la ricerca europea nei confronti di questi due aspetti?
**Provo a rispondere con un dato significativo. La Cina ha attualmente 300 partecipanti all’interno di progetti finanziati dai correnti Programmi Quadro di ricerca europea. È, dunque, al terzo posto – tra i Paesi non comunitari e non-associati – dopo la Russia e gli Stati Uniti. Il nostro intento – e lo dimostrano i dati citati in precedenza – è quello di lavorare con la Cina per rispondere assieme alle grandi sfide planetarie di questi anni. A partire dal contrasto ai cambiamenti climatici e dalla scarsità delle risorse (non solo energetiche).


Più in generale, l’Europa resta una realtà aperta alla collaborazione internazionale?
**Certamente. Proprio di recente ho avuto modo di presentare una nuova strategia sulla cooperazione internazionale in tema di ricerca e innovazione. In particolare ricordo che Horizon 2020, come i suoi predecessori, rimane aperto a partecipanti provenienti da altri Paesi. La questione è tuttavia complessa. Alcune economie emergenti – alle quali venivano garantiti automaticamente parte dei fondi – potrebbero non essere più considerate emergenti, visti i robusti tassi di sviluppo del loro PIL nazionale. E poi c’è da rafforzare l’aspetto della salvaguardia dei diritti intellettuali e di proprietà.


Una maggiore collaborazione in tema di energia tra le due sponde del Mediterraneo non sembra più essere solo un’ipotesi futuribile, ma qualcosa di maggiormente concreto. Vede nuove opportunità anche per la R&S?
**Abbiamo già oggi in essere numerosi accordi bilaterali di cooperazioni con vari Stati del Nord Africa (in particolare, questi hanno riguardato le energie rinnovabili). Ad esempio, l’impianto solare e di desalinizzazione MATS che è stato sviluppato in Egitto nasce proprio da un programma di collaborazione che è stato guidato dall’italiana ENEA.
A seguito della primavera araba, proprio nel settore della ricerca e dell’innovazione l’Unione Europea ha adottato una nuova strategia nell’area, cercando di passare dalla logica degli accordi bilaterali ad un approccio più ampio, in modo da coinvolgere l’intera regione. Alcuni nuovi progetti, con un focus Euro-Mediterraneo, sono già stati lanciati o sono in corso di definizione, sempre con un’attenzione particolare per gli aspetti della cooperazione nei settori della R&S. E il campo dell’energia si conferma come uno dei più esplorati e ricettivi.

 
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