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PAUSA-ENERGIA
 
Se faccio da me non faccio per tre Stampa E-mail
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di Dario Cozzi



In tema di ricerca e sviluppo c’è un proverbio che le imprese italiane sembrano proprio non digerire: l’unione (in particolare quella europea) fa la forza! Al contrario, gli imprenditori nostrani paiono tenacemente vincolati alla logica del fai da te. O per essere più precisi, del faccio tutto da me. Gli ultimi dati Eurostat – contenuti nella Seventh Community Innovation Survey – forniscono uno spaccato della realtà tricolore che non lascia margini di interpretazione.
Partiamo dal quadro generale. Tra il 2008 e il 2010 il 53 per cento delle imprese europee nel settore industria e servizi ha svolto attività di innovazione. Lo studio ha escluso le microimprese (concentrandosi sulle realtà con almeno dieci addetti) e ha sondato vari settori di riferimento. Tra questi, energia e ambiente hanno giocato un ruolo di primo piano. Nei comparti presi in esame ritroviamo infatti le attività minerarie, elettricità, gas e vapore, climatizzazione, acqua e gestione dei rifiuti. [...]

E allora, cos’è che non va questa volta? La particolarità (in negativo) del nostro Paese emerge chiaramente quando si passa alla voce cooperation: quante di queste ricerche sono state condotte esclusivamente ricorrendo alle proprie risorse interne e quante, invece, hanno coinvolto altri partner (aziende, istituzioni, Università, centri di ricerca).

Il nostro, purtroppo, è un caso limite, che non ha eguali tra i 27 Paesi delle UE. Solamente il 12 per cento delle aziende tricolori, nel condurre attività di innovazione, ha coinvolto un soggetto esterno. Ben l’88 per cento ha fatto tutto in casa, ricorrendo esclusivamente a risorse interne e chiudendo la porta in faccia ad altri soggetti che, a vario titolo, operano in ambito R&S.
Uno spirito di collaborazione così ridotto al lumicino, vale la pena ribadirlo, non ha pari in Europa, anche uscendo dall’ambito strettamente comunitario e andando a curiosare in Paesi come l’Islanda, la Norvegia, la Croazia, la Serbia. Perfino la Turchia, da questo punto di vista, è più aperta e collaborativa (con una quota di innovazione in partnership che coinvolge il 19 per cento delle aziende locali). [...]



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