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C’è davvero poco da ridere ripensando all’Italia di 20 anni or sono: la situazione economica, politica e finanziaria del Paese era infatti tribolata come quella odierna. Volendo tuttavia concedersi un attimo di (amara) ilarità, varrebbe la pena rileggersi l’articolo pubblicato dal Sole 24 Ore il 6 novembre: Riprende dopo cinque anni la partita sul nucleare. Scade la moratoria. Sciolta dai lacci referendari l’Italia può ridisegnare la propria politica energetica. No comment. Ci sono voluti altri 20 anni per arrivare a concepire una SEN nella quale – ci risulta – la partita del nucleare resta tuttora sospesa a tempo indeterminato.

Eppure allora qualcuno sembrava crederci nella rivincita dell’atomo. Lo stesso Sole 24 Ore, infatti, dedicava al tema un trittico di approfondimenti. Il ritorno delle energie rinnovabili. Si avvicina per il Governo una data cruciale: Amato cambierà la politica energetica? Quel no italiano all’atomo è costato 20 mila miliardi (1 dicembre); L’atomo conviene se non fa paura. Mentre l’Italia aspettava, la tecnologia di settore si è trasformata. Francia una scelta da imitare (2 dicembre); Il lungo sonno dell’atomo italiano. Oltre al danno economico c’è il pericolo di un impoverimento tecnologico del Paese (3 dicembre).

Si diceva di quell’Italia così simile al Bel Paese versione 2012. I soliti luoghi comuni? Giudicate voi. Giovanni Agnelli (quel Giovanni Agnelli) diceva la sua sulla presunta sudditanza dell’Italia alle politiche tedesche: Perché camminare con Bonn. La via obbligata dello sviluppo porta in Europa (Sole 24 Ore, 6 novembre). All’Ilva è già emergenza, e da un po’ di tempo [...].




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