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Embargo all’Iran e crollo del prezzo del petrolio Stampa E-mail
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Drilling


Un anno fa abbiamo assistito ad una vicenda molto originale, ovvero la sequenza degli avvenimenti che hanno mosso il prezzo del petrolio dai 90 dollari/barile di inizio gennaio 2011 ai 125 dollari/barile di aprile, sull’onda dei sommovimenti in Nord Africa e Medio Oriente e, in particolare, del timore dell’interruzione della produzione di petrolio libico.

Triliardi di dollari furono investiti dalle banche e dai loro clienti nella scommessa che il rialzo del prezzo potesse toccare nuovi record, magari superiori a quelli conosciuti nel 2008 (150 dollari/barile). Poi, ad aprile, un diffuso scetticismo su queste eccessive aspettative si tradusse in una sorta di stagnazione del prezzo intorno a 125 dollari/barile. A metà aprile, proprio quando si cominciava a manifestare la mancanza fisica di greggio libico, Goldman Sachs, contro ogni logica apparente, lanciava il messaggio di “fuori tutti” ai propri clienti principali, provocando una discesa del prezzo di quasi 15 dollari/barile.
A fine giugno, la IEA chiedeva ai Paesi membri di ridurre le scorte (decisione puramente nominale, ma che orienta i mercati), determinando una ulteriore discesa del prezzo al di sotto dei 100 dollari. I due interventi provocarono in sequenza una discesa del prezzo di quasi 30 dollari/barile. Fine giugno è una data importante per la comunità finanziaria. Tutte le società quotate in Borsa presentano la semestrale agli azionisti e agli analisti finanziari. Per mantenere alto il valore delle azioni è fondamentale presentare i conti in ordine [...].



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