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Mobilità urbana? Una scelta collettiva Stampa E-mail
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di Dario Cozzi


A fine maggio ASSTRA - l’Associazione nazionale delle aziende di trasporto pubblico locale - ha presentato il 9° Rapporto sulla mobilità urbana in Italia, un corposo studio realizzato assieme ad una équipe di ricercatori di Isfort, l’Istituto superiore di formazione e ricerca per i trasporti. Questa approfondita radiografia del settore può essere letta da molteplici punti di vista: economico, sociologico, politico, finanziario… e naturalmente anche energetico e ambientale. Giocando in casa, vogliamo cogliere proprio questi due aspetti. Ecco dunque, alcuni possibili spunti di riflessione.


Anche la crisi può esser sostenibile
L’insostenibile crisi che continua a pesare sull’economia italiana potrebbe giocare a favore della mobilità sostenibile (o almeno considerata tale nell’accezione comune). I numeri presentati dal 9° Rapporto sulla mobilità urbana lo hanno ribadito: il nostro è un Paese ancora in (profonda) recessione e la stretta finanziaria continua ad incidere pesantemente sulle abitudini degli italiani. Eppure ciò sta portando ad un ripensamento virtuoso di modelli comportamentali che sembravano ormai consolidati e quasi inattaccabili. Si assiste infatti al ridimensionamento della mobilità privata a favore di quella collettiva.

Per scelta o per bisogno, gli italiani stanno facendo… di necessità virtù, riscoprendo il mezzo pubblico; soprattutto chi si sposta per studio o per lavoro. E lo stanno facendo - sia pure con proporzioni e numeri diversi - a prescindere dal fatto di trovarsi in una grande città o in un centro abitato di medie dimensioni; dalla scelta di muoversi in ambito urbano o extraurbano. Qualche numero tra i molti evidenziati nello studio proposto da ASSTRA. La domanda globale di mobilità ha subito una contrazione nettamente superiore a quella del Pil. Oggi in un “giorno medio feriale” si contano 106 milioni di spostamenti (in media, dunque, ogni italiano compie poco meno di due tragitti). Solo nel 2008 il valore era pari a 128 milioni; il calo è stato pesantissimo e pari al 17 per cento. La voce più penalizzata è stata quella relativa al tempo libero. Solo quattro anni or sono il 35 per cento della domanda di mobilità era legata proprio a questa esigenza; oggi siamo al di sotto del 31 per cento.
In questo contesto molto critico è fortemente cresciuto il ricorso al mezzo pubblico. In ambito urbano tram, bus e metro sono passati dall’11,6 per cento di quota mercato del 2009 al 13,5 per cento; fuori città dall’11,3 per cento si è saliti al 14,8 per cento degli spostamenti motorizzati (si escludono quindi coloro che si muovono a piedi o usano la bicicletta).
Addirittura, nelle città di medie dimensioni - con una popolazione compresa tra i 100 mila e i 250 mila abitanti - c’è stato un quasi raddoppio: dal 9,3 al 17,8 per cento di share ad appannaggio della mobilità collettiva. Non è ancora fuga dall’auto privata, ma una corsa al mezzo pubblico sì. [...]



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