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Codazzi: ‘‘Know-how, la marcia in più dell'Italia” Stampa E-mail
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di Davide Canevari




“Non piangiamoci sempre addosso; anche in Italia esistono eccellenze di cui possiamo andare fieri. E il comparto elettrico è una di queste realtà, che ci vede all’avanguardia a livello internazionale”.


Matteo Codazzi, amministratore delegato di CESI - società che occupa una posizione di assoluto rilievo nel mercato internazionale dei servizi di testing, ingegneria e consulenza per il comparto energetico - offre una lettura del settore che non è fatta solo di lacrime (appunto) e sangue.
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Non si può negare che in questi anni l’Italia ha dovuto fare a meno di un Piano energetico nazionale. E questa mancanza ha certamente penalizzato gli utenti finali e la filiera industriale.
**Nessuno lo nega, anzi. L’effetto della mancanza di direttive guida chiare e di coordinamento è stato pesantemente negativo per il Sistema Paese.
A maggior ragione nel momento in cui si è passati da un unico attore fortemente integrato a una pluralità di soggetti: questo nuovo contesto avrebbe richiesto una maggiore programmazione, o meglio, un maggior coordinamento per potersi muovere tutti nella stessa direzione: in primis per coordinare la presenza della rete e della capacità di generazione. E non sto certo parlando di una programmazione di tipo sovietico!


Invece…
** Negli ultimi 20 anni abbiamo più che altro inseguito la moda del momento. Prima i CIP 6, poi la liberalizzazione – e tutti di corsa dietro ai cicli combinati – poi è cambiato il vento ed è stata la volta delle rinnovabili, con i conseguenti contraccolpi non solo in bolletta. Nel frattempo si era anche parlato di una ripartenza del nucleare e molte realtà industriali (tra cui lo stesso CESI) si erano attrezzate in quella direzione. Non si può certo dire che questo procedere all’insegna dello stop&go faciliti le cose agli operatori del settore. Allo stesso tempo, ciascuno di questi stop&go ha lasciato delle pesanti “macerie” che per diversi anni hanno gravato o graveranno sulle nostre bollette.


Nel processo di liberalizzazione spesso il nostro Paese è citato come un caso di eccellenza a livello europeo. Condivide questa affermazione? E cosa resta ancora da fare per completare il percorso?
**Il settore elettrico italiano mostra, effettivamente, tanti aspetti di eccellenza. Il parco di generazione è tra i più effi- cienti al mondo; siamo un esempio per molte altre nazioni. Abbiamo installato 32 milioni di contatori elettronici, e questo è un caso unico al mondo. I nostri livelli di sicurezza e qualità del servizio sono il benchmark in Europa; automazione e apertura del mercato ci pongono ai vertici continentali.


             
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“The Italian power sector has many excellent features. Our power generation facilities are among the most efficient in the world; we set an example for a lot of other countries. We have installed 32 million electronic power meters, which is unprecedented globally speaking. Our service quality levels provide a European benchmark”.
Matteo Codazzi, CEO of CESI - a company that holds a prominent position in the International engineering and consultant services market - paints an encouraging picture of the energy sector. Yet, it does have some black spots. “As a matter of fact the cost of a kWh did not go down as expected, the question then arises: what’s the use of all those excellent features? Furthermore, liberalization in the gas sector cannot be said to be fully accomplished”.

One more penalizing factor is the lack of a European energy policy. “There is no true common European space for energy, Europe is still in the Stone Age regarding genuine energy integration, which causes manifest efficiency issues. The fuel mix is unbalanced at the level of individual Member States, but if we look at the European big picture, we find the perfect mix: 26% coal, 22% renewable, 20% nuclear, with oil being virtually absent and gas accounting for the remaining portion”.

Despite that, he is pleased with leading a company that hit some records in 2011 and keeps growing in international markets: even in times of crisis, innovation and know-how can quite manifestly be the weapons with which to win the war.
He also has a dream for the future. “Currently CESI’s focus is on power networks. I’d like to think of CESI as a network engineering company, that is, a company with cross disciplinary competencies in the fields of electricity, gas and water. A huge portion of the know-how we have built in the power sector could serve as a common background and I believe that many of our competencies are not just specific to a type of fluid, be it water, gas or kWh of power”.

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Ma...
**Ma concretamente il costo del kWh non è calato secondo le attese e rimane tra i più alti d’Europa. E allora viene da chiedersi: a cosa servono in fin dei conti gli aspetti di eccellenza appena citati?


Quali sono, dunque, le vere criticità?
**Da una parte, le cosiddette “macerie” delle non scelte o delle scelte sbagliate del passato, ad esempio la componente dei sussidi che oggi pesa in bolletta più dei costi dell’intero sistema di trasmissione e distribuzione. E già questo elemento dovrebbe far riflettere. Inoltre, mentre è vero che in Italia ci siamo spinti più avanti di altri in termini di liberalizzazione del mercato elettrico, non abbiamo fatto lo stesso percorso di “effettiva” liberalizzazione nel mercato del gas. Anche per questa ragione oggi paghiamo la materia prima gas di più rispetto ad altri Paesi europei e anche questo si traduce in un maggior costo del kWh.
Questo elemento non incide solo sulle bollette. Pensiamo ad esempio alle occasioni “sprecate” in termini di esportazioni. Nel Centro Europa stanno spegnendo le centrali nucleari e hanno quindi fame di kWh base load? Abbiamo efficientissimi impianti a ciclo combinato fermi per la maggior parte delle ore (per il calo della domanda conseguente la crisi e per la concorrenza interna delle nuove rinnovabili) che potrebbero esportare energia a disposizione dei clienti stranieri. L’incontro tra domanda e offerta sarebbe una chiara opportunità per entrambi. Peccato che in Italia il gas - e di conseguenza l’energia elettrica generata a partire da questa fonte - costi troppo.


Una strada a suo avviso percorribile per risolvere il problema?
**Nel breve la ricetta è chiara: la riduzione dei prezzi del gas. Ma si tratta di una sfida nella quale l’Italia non può essere sola. Servirebbe una maggiore capacità di agire, e di normare e regolare, in modo coordinato a livello europeo.
La frantumazione dei soggetti, degli interessi, dei regimi regolatori, delle controparti contrattuali porta alla fine ad una penalizzazione dei costi del gas alla frontiera italiana. D’accordo, in termini di liberalizzazione c’è stato un indirizzo comune e in molti Paesi europei si è fatta parecchia strada. Ma un vero spazio comune europeo dell’energia non esiste e la reale integrazione energetica è all’età della pietra; i mercati dell’energia operano ancora a livello di singolo Stato con deboli forme di coordinamento europeo e questo porta ad evidenti inefficienze.


Cosa potrebbe fare di meglio rispetto ad oggi un’Europa dell’energia davvero unita o per lo meno univoca?
**Do due risposte alternative. La prima riguarda il mix dei combustibili. Se prendiamo i singoli Stati membri, chi più chi meno, in qualche modo sono tutti sbilanciati. Se, invece, guardo all’Europa nel suo complesso scopro il mix perfetto in termini di costo: 26 per cento di carbone, 21 per cento di rinnovabili, 28 per cento nucleare, oil quasi assente, il resto gas. Nel breve non servirebbero ingenti investimenti in nuova generazione per bilanciare ciò che già oggi è ben bilanciato! E i nostri CCGT inutilizzati potrebbero in parte far fronte al ritiro della capacità nucleare tedesca!


Servirebbe però il fatidico mercato unico.
**Ed è in questa direzione che occorrerebbe investire: reti, interconnessioni e regole.


E la seconda risposta?
**La seconda risposta viene da lontano, dal Medio Oriente. Come CESI ci siamo aggiudicati un importante incarico della Lega Araba per lo studio e l’ottimizzazione delle infrastrutture energetiche (cioè sia gas sia elettricità) di 20 Nazioni arabe. 20 Paesi che hanno deciso di studiare una strategia e un coordinamento energetico di area che coinvolge i prossimi 20 anni. Evidentemente non è impossibile mettersi d’accordo. E mi piacerebbe trovare la medesima lungimiranza anche nella nostra strategia energetica nazionale e nelle organizzazioni europee che stanno lavorando allo scenario 2050.


Secondo lei le rinnovabili saranno un’alternativa reale alle fonti fossili o resteranno confinate, dal punto di vista della capacità produttiva, ad un ruolo di nicchia ancora per molti anni?
**A breve e medio termine - diciamo i prossimi 5-8 anni - credo sia impossibile pensare a un ruolo di primo piano per le rinnovabili, almeno in termini di quantità di energia prodotta. Ben diverse sono le prospettive a 20 o 30 anni. Il miglioramento tecnico e la riduzione dei costi di varie tecnologie sono davvero promettenti. Guardo ad esempio a cosa sta succedendo in casa CESI. Attualmente sono in orbita 62 satelliti di 20 diverse nazionalità che installano celle solari ad altissima concentrazione di nostra produzione con efficienza superiore al 38 per cento. Sono nate per specifiche applicazioni spaziali, ma ora si stanno concretamente sperimentando per applicazioni terrestri (il cosiddetto fotovoltaico a concentrazione o CPV) ed è stato calcolato che un quadrato di 40 chilometri per lato ricoperto con questa soluzione tecnologica sarebbe sufficiente per garantire l’attuale fabbisogno elettrico di una nazione come l’Italia.
Oggi la soluzione è economicamente proponibile, senza sussidi, solo per i Paesi ad altissima solarità e/o desertici, ma il potenziale c’è. In definitiva quindi, penso che sia concretamente immaginabile uno scenario di generazione 2050, come quello cui si sta pensando in Europa, largamente carbon free. Ma anche qui, oltre alla nuova capacità di generazione rinnovabile, serviranno grandi investimenti in nuove tecnologie di rete (penso alla corrente continua DC e allo storage) e in automazione, per rendere tutto ciò possibile.
Quindi uno scenario senz’altro ecologicamente sostenibile, robusto in termini di indipendenza delle forniture dai Paesi extra-europei, ma, in termini di costo, ancora molto incerto.


Non stiamo spingendoci troppo in là nel tempo?
**Niente affatto. Guardare ad un orizzonte temporale di lungo periodo è sinonimo di programmazione e lungimiranza. Un altro esempio riguarda l’Arabia, che ha deciso di guardare molto lontano con un programma di lungo periodo: “Gas e petrolio lo vendiamo agli occidentali e intanto noi ci rendiamo indipendenti energeticamente puntando su nucleare e su fotovoltaico, con investimenti massicci (garantiti dai petrodollari) sulle tecnologie del futuro e sul loro sviluppo”. Sono convinto che nel lungo termine vinceranno la sfida energetica carbon free quei Paesi che sapranno finanziare la ricerca e lo sviluppo della tecnologia, piuttosto che sussidiare il kWh prodotto.


Appunto, sulle rinnovabili non mancano le polemiche. Soprattutto sul fatto che l’Italia non abbia saputo affiancare alla loro diffusione una crescita adeguata della filiera industriale...
**Su questo sarei un po’ più ottimista e - ancora una volta - non mi piangerei addosso. È vero che all’interno della filiera non siamo riusciti a posizionarci bene sulle fasce tecnologiche a maggior valore aggiunto (come le celle, ad esempio) e questo anche per la scelta di strutturare gli incentivi solo con un premio alla produzione di energia elettrica e non come supporto alla ricerca e sviluppo. Ma quale Paese al mondo può vantare oggi, estate 2012, un posizionamento migliore del nostro? Anche vari produttori storici americani e tedeschi hanno dovuto chiudere. Fa tutto la Cina, grazie anche agli ingentissimi sussidi riconosciuti alle proprie imprese e alle politiche di dumping.
Ci sono, invece, tante altre nicchie che l’Italia riesce a presidiare e che stanno esprimendo esperienze di rilievo; è il caso, come detto, delle celle ad altissima concentrazione, o degli inverter. Soprattutto in questa fase di riduzione degli incentivi interni, le migliori realtà del settore possono competere sui mercati internazionali, partendo magari da quelli più contigui geograficamente o culturalmente, come l’Africa mediterranea o l’America Latina. Certo, ci vorrebbe un po’ più di capacità da parte del Sistema Paese, soprattutto a supporto finanziario, assicurativo e commerciale delle piccole e medie imprese. Occorre poi notare che la forte recente penetrazione delle rinnovabili in Italia, legate ai notevoli sussidi, sta creando problemi al funzionamento del sistema elettrico con particolare riguardo alla necessità di flessibilizzazione del nostro parco termoelettrico; e qui analisi approfondite e appropriati interventi si rendono necessari. CESI con le sue competenze potrebbe notevolmente contribuire.


Quali sono le maggiori opportunità che il mercato energetico internazionale sta offrendo nel settore delle grandi reti e delle rinnovabili?
**In Brasile, America Latina ed Africa lo sviluppo del potenziale idrico ancora largamente inespresso (si stima oltre 500 GW) trainerà anche pesanti investimenti nelle linee di interconnessione per collegare queste fonti con i centri di consumo, in genere localizzati molto lontano lungo la costa. Ma è anche un fiorire di programmi di sviluppo di fonti eoliche (20 GW in Brasile, ad esempio) o solari (in Cile, dove alcune aree del Paese hanno una solarità analoga al Sahara). Lo stesso vale per il Medio Oriente, dove l’Arabia Saudita da sola ha annunciato un programma di ben 54 GW di rinnovabili.
Venendo ad aree più prossime all’Italia, pensi che in base alla visione del progetto Desertec Industrial Initiative (di cui CESI è consulente) o dell’associazione Res4Med (di cui CESI è tra i soci fondatori) nel 2050 si potrebbe coprire fino al 15 per cento della domanda elettrica europea attraverso energia solare ed eolica prodotta in Nord Africa e Medio Oriente, importata in Europa grazie allo sviluppo delle cosiddette autostrade elettriche. Sono lo stesso tipo di autostrade elettriche che consentiranno l’implementazione di parchi eolici offshore che riguarderà il Nord Europa (l’associazione Friends of the Supergrids, di cui CESI è membro, prevede per il solo Mare del Nord impianti per oltre 80 GW entro il 2030).


E per quanto riguarda la rete di distribuzione?
**Ormai si è entrati in un’era smart, di cui i contatori elettronici sono solo un primo elemento abilitante. Nel prossimo quinquennio a livello globale si prevedono investimenti in smart grid per qualche centinaio di miliardi di euro nei diversi settori industriali coinvolti: costruzione di apparecchiature elettromeccaniche ed elettroniche, gestione delle reti da parte delle utility, fornitura di servizi di ICT. CESI è la società di ingegneria delle reti che vanta la più grande esperienza al mondo, grazie al know-how veramente unico maturato sul progetto del contatore Enel in Italia e in Spagna (in totale quasi 45 milioni di contatori), ed oggi assistiamo sui questi temi utility in Serbia e Montenegro nonché, a brevissimo, in Asia centrale e America Latina.


CESI rappresenta oggi un polo di servizi ad altissima tecnologia, riconosciuto e apprezzato a livello internazionale. Anche in tempi di crisi, innovazione e know-how possono essere armi vincenti?
**Assolutamente fondamentali. Si può essere critici su come è evoluto il nostro settore elettrico in questi anni, ma bisogna riconoscere che là dove le criticità si sono evidenziate, l’Italia ha spesso saputo affrontarle per prima (ad esempio, l’integrazione delle nuove rinnovabili in un contesto di rapidissima diffusione o l’alta automazione delle reti di distribuzione, o lo stesso contatore) e ha saputo fornire risposte tecnologiche adeguate.
In molti di questi percorsi CESI è stato coinvolto in prima persona e ha costituito un bagaglio di referenze e di know-how che è stato poi messo a disposizione di altri Paesi che si sono trovati nella stessa situazione. Tecnologia e know-how ci danno la capacità di essere baricentrici sull’estero, anche al di fuori dell’Europa.


Per una realtà come la vostra, i Paesi emergenti rappresentano più un rischio in termini di concorrenza o un’opportunità di business?
**Senza alcun dubbio, un’opportunità. Forse con l’unica eccezione della Cina che in questo momento particolare, per qualsiasi nazione, rappresenta un grande mercato ma anche una sfida rischiosa, anche per la dimensione e la muscolarità finanziaria dei propri attori industriali.


Quali mercati ha deciso di presidiare CESI e quali sono i temi caldi dell’energia in tali aree?
**Molto interessante è il bacino mediterraneo, ma anche il Nord Africa, il Medio Oriente e il Nord Europa. Tutte realtà dove le infrastrutture di rete e le rinnovabili, come già accennato, presentano grandi possibilità di sviluppo. Storicamente come CESI siamo anche presenti in America Latina, un mercato molto interessante in particolare per le opportunità di crescita dell’idroelettrico, che chiama in causa le grandi dorsali di trasmissione dalle aree del Centro dove sono localizzate le maggiori risorse idriche verso i centri di consumo costieri. Citerei anche il Brasile, per l’interesse concreto sull’energia eolica offshore e sulle smart grid.


Un solo accenno al tema ricerca…
**Voglio cogliere uno spunto lanciato a metà giugno dal ministro Profumo durante il convegno Obiettivo Sviluppo: occorre ritrovare come Sistema Paese la capacità di non fermarsi alla ricerca di base, pensando anche a quella applicata. In qualche maniera CESI rappresenta una risposta a questa istanza. Nato come grande centro di ricerca di base, mano a mano si è andato focalizzando sul mercato e sulla capacità di industrializzare tecnologie e ricerche, trasformandole in soluzioni e servizi che creano valore per i clienti cui sono offerti nel mondo.


CESI ha chiuso il 2011 con risultati record, ce ne vuole parlare rapidamente?
**Non siamo stati mai così forti. L’esercizio 2011 si è chiuso con risultati economico-finanziari in netto miglioramento: il fatturato estero è aumentato di quasi il 20 per cento e i ricavi si sono attestati a 113 milioni di euro. Molto importante è stata la spinta degli investimenti (11 milioni di euro) più che triplicati rispetto al 2009.
Abbiamo chiuso l’anno con l’utile netto migliore di sempre (oltre 14 milioni di euro) e con una disponibilità netta di cassa di 18 milioni (tre anni fa avevamo debiti per 26 milioni), risorse pronte a fi- nanziare la futura crescita della società. Sono proseguite nel 2011 le attività di sviluppo tecnologico nel campo delle celle solari a tripla giunzione ed è stato depositato un brevetto e realizzato, in partnership con un costruttore internazionale di moduli a concentrazione, un impianto pilota CPV finalizzato al testing delle performance delle celle CESI. Abbiamo aperto le sedi di Dubai e Rio de Janeiro, che si affiancano a quelle di Berlino, Mannheim e Milano.


E guardando avanti?
**Vogliamo proseguire nel senso della continuità. La crescita dell’internazionalizzazione è la sfida centrale. Abbiamo le competenze, i risultati ci hanno dato ragione; e abbiamo fiducia sulle opportunità che ci si offrono.


Torniamo in Italia. Quando è nato CESI stavamo muovendo i primi passi verso il boom economico, e proprio CESI vi contribuì disegnando (quasi da zero, nel Dopoguerra) il sistema elettrico nazionale. Oggi che, invece, siamo in piena crisi e i consumi elettrici sono in forte calo, quale ruolo potrebbe giocare?
**Essere “alla frontiera della tecnologia” è da sempre nel nostro DNA. Oggi il settore elettrico sta affrontando una discontinuità epocale. Penso, ad esempio, alle smart grid o alla trasmissione in corrente continua o allo storage. Lo sviluppo delle tecnologie nel settore elettrico è dunque tutt’altro che esaurito e noi vogliamo essere ancora protagonisti del cambiamento in atto. Stiamo anche investendo massicciamente su nuovi asset, come un laboratorio ai vertici mondiali dedicato proprio alla corrente continua (cavi e interruttori), o il campo prove motori elettrici fino a 45 MW di potenza equivalente, la facility per le tecnologie di storage, solo per citare alcuni dei progetti in corso.


Come si immagina CESI tra 10 anni?
**Ho un sogno. Oggi CESI è molto focalizzato sulle reti elettriche. Mi piacerebbe pensare ad una “società di ingegneria delle reti”, ovvero ad un CESI con competenze trasversali su elettricità, gas e acqua. Molto del know-how che abbiamo accumulato nel settore elettrico potrebbe essere messo a fattore comune e molte delle nostre competenze - ne sono convinto - sono indipendenti dal fluido: acqua, gas o kWh che sia.

 
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