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Golinelli: “Biomasse? Nel mix sono il vaso di coccio” Stampa E-mail
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di Davide Canevari


A fine marzo l’Amministrazione Obama ha presentato un ambizioso programma per lo sviluppo dell’eolico offshore nella zona dei Grandi Laghi. Nell’annunciare la nuova sfida, la stessa Casa Bianca ha confermato chiaramente che la rafforzata attenzione per le rinnovabili non andrà a indebolire gli altri programmi energetici in essere, ovvero “lo sviluppo delle fonti fossili nazionali - che ha già portato le estrazioni di petrolio al livello record degli ultimi otto anni e quelle di gas, su volumi mai toccati in precedenza - e il piano di rilancio del nucleare, con il supporto alla costruzione del primo impianto da 30 anni a questa parte”. Perché l’obiettivo finale “è quello di avere un mix di generazione equilibrato e di promuovere l’indipendenza energetica degli States”.

Nel frattempo, in Italia British Gas è scappata dalla Puglia, le bollette sono aumentate, le centrali a gas lavorano sempre meno. Eppure sembra che l’unica questione scottante e irrisolta sia quella degli incentivi al fotovoltaico… Sogno americano e incubo italico? Senza cadere in eccessi, il confronto tra due strategie energetiche così diverse stride parecchio.
“La verità è che in Italia manca una vera politica energetica - puntualizza Marco Golinelli, vice president Power Plants Wärtsilä - e si continua a navigare a vista, giorno per giorno. Il confronto tra le parti è spesso ridotto ad uno scontro tra ideologie o tra gruppi interessati ciascuno al mantenimento dei propri benefit più che ad un ragionamento in termini di Sistema Paese”.



Partendo, ad esempio, da…
**Una revisione critica degli incentivi a disposizione delle fonti fossili e del fotovoltaico sarebbe indispensabile. Oggi, nel nostro mix energetico, il vaso di coccio è rappresentato dalle bioenergie, dalle biomasse, dalla cogenerazione, tecnologie che di fatto rimangono senza risorse.


Ma di questo si lamentano un po’ tutti.
**Stiamo dunque sul concreto. Le bozze dei decreti attuativi che sono circolate a inizio aprile prevedevano la realizzazione di un registro per gli impianti a biomasse sotto i 5 MW e un tetto sulla capacità massima installabile nel 2013, 2014 e 2015 pari a 22 MW/anno. Stiamo dunque parlando di un numero di impianti che si contano sulle dita di una mano (per massimizzare i ritorni dell’investimento per ciascuno di questi ci si avvicinerà il più possibile alla soglia dei 5 MW). Difficile pensare di far crescere una filiera nazionale con questi piccoli numeri.


Biomasse, ancora una volta, figlie di un dio minore, quindi?
**Purtroppo sì. C’era la possibilità di inquadrarle anche come opportunità di crescita del sistema industriale italiano, e invece sono state trattate come un peso; complice la poca rappresentatività e la frammentazione delle associazioni di riferimento.


Qualcuno, a questo punto, potrebbe pensare che lei sia nemico del fotovoltaico…
**È vero l’esatto contrario. Sono sicuro che il futuro si baserà essenzialmente sull’energia solare; ma sono altrettanto convinto che occorra pensare - nel transitorio - ad un piano di sviluppo razionale. Senza dimenticarsi che l’Italia è ancora un Paese industrializzato. Un corretto incentivo riconosciuto alle biomasse può andare a vantaggio dell’industria impiantistica nazionale, di chi costruisce caldaie, bruciatori, motori... Con i pannelli fotovoltaici, da un punto di vista strettamente industriale, si ha invece un trasferimento verso l’estero di risorse.


Torniamo allora al nodo cruciale della politica energetica nazionale.
La mia sensazione è che stiamo procedendo cercando di tamponare gli errori commessi nel recente passato; ma così facendo stiamo commettendo altri errori. Per altro, l’esigenza - obiettiva - di contenimento della spesa rischia di mettere sullo stesso piano il taglio di costi non necessari e degli investimenti; con un ulteriore indebolimento del sistema nel suo complesso.


A più di due mesi dal varo del programma di liberalizzazioni, a che punto siamo?
**Elementi importanti ci sono. Eppure mi sembra di rivivere una situazione già più volte vissuta in passato. Ci sono obiettivi ben specificati, ma le applicazioni latitano e si continua a rimandarne l’attuazione pratica. Prendiamo il caso della separazione Eni-Snam. È stato deciso che è necessario farla? E allora facciamola, senza prendere altro tempo (la questione si trascina dai tempi di Letta- Bersani…) o arrivare giusto a ridosso del cambio di governo.


Cosa ci si può attendere dai prossimi mesi?
**Purtroppo continuo a non vedere, in prospettiva, la definizione di una seria politica energetica nazionale. Quindi, prepariamoci ad altre oscillazioni tra diverse ipotesi, soluzioni, posizioni. Ad uno stato dello cose molto dispersivo e poco coordinato, a continue dilazioni.

 
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