di Federico Santi
Petrolio di nuovo a 130 dollari/barile, domanda stagnante, credito striminzito, margini ridotti o negativi, investimenti inesistenti: il sistema energetico italiano è alla canna del gas (e se Atene piange - è il caso di dire - Sparta certamente non ride).
L’AEEG paventa “l’uscita di alcuni operatori del mercato elettrico”, c’è chi svaluta asset, chi svende partecipazioni, chi revoca gare di appalto; davvero è uno scenario apocalittico. E non è finzione, è realtà.
Certo, i grandi Gruppi energetici internazionali, che negli anni passati hanno mangiato a quattro ganasce, faranno appena una pausa per digerire il lauto pasto; ma tutti gli altri, soprattutto “l’indotto” (imprese, lavoratori, enti vari) soffriranno davvero duramente. E non passerà tanto presto.
Del resto, bisogna affrontare la realtà, guardare il nemico negli occhi senza fingere ipocritamente che sia amico: c’è in atto una guerra. E che guerra!
Fino a pochi anni fa, in Europa, si viveva l’entusiasmo di essere all’alba - meglio, all’aurora - di una rivoluzione energetica prossima ventura. Chi parlava di società no-oil, chi di economia all'idrogeno, chi di green economy, tutti a gridare e a festeggiare inneggiando alla rivoluzione veniente.
Ebbene, signori, la rivoluzione è arrivata. E come ogni rivoluzione che si rispetti, ha portato con sé lacrime e sangue, morti e feriti. E non è che l’inizio. [...]
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